Il consumo di "psicofarmaci", tra senso scientifico e senso comune: un'indagine esplorativa delle pratiche discorsive che concorrono a generare e mantenere l'identità "malato mentale"
Gli “psicofarmaci” nelle pratiche discorsive, tra senso scientifico e senso comune.
Il lavoro di tesi si colloca entro il livello di realismo concettuale, dove la realtà si genera a partire dalle categorie conoscitive utilizzate per conoscerla. Il paradigma di riferimento è detto narrativistico, dove la realtà si costruisce a partire dalle pratiche discorsive utilizzate dai parlanti. La teoria entro cui il lavoro si colloca è detta “teoria dell’identità dialogica”, in cui si assume che la coerenza del discorso concorre al mantenimento della realtà generata. All’interno della suddetta teoria, una coincidenza tra i resoconti del soggetto, le narrazioni dei parlanti sociali e i discorsi propri del contesto socioculturale comporterebbe un processo detto di “tipizzazione dell’identità del soggetto”.
Il lavoro si compone di una parte di tipo speculativo/teorico, in cui viene analizzato da un punto di vista epistemologico l’uso di ‘psicofarmaci’ entro la prassi psichiatrica, e di una parte empirica che, coerentemente con la cornice epistemologica in cui si colloca, persegue l’obiettivo di rilevare e descrivere le pratiche discorsive utilizzate dai rispondenti in riferimento agli ‘psicofarmaci’ e le realtà discorsive che si generano a partire da esse. Un ulteriore obiettivo consiste
nell’individuazione dell’eventuale presenza di un processo di tipizzazione dell’identità dialogica “consumatore”.
Per perseguire gli obiettivi di ricerca è stato costruito un questionario “ad hoc” costituito da domande aperte aventi come oggetto il motivo per cui gli ‘psicofarmaci’ vengono prescritti, il loro luogo d’azione, la loro modalità d’azione, gli effetti che producono e, infine, le considerazioni dei soggetti in qualità di consumatori di ‘psicofarmaci’. I testi raccolti sono stati analizzati attraverso un
apposito software (Spad.T). Il gruppo oggetto di indagine è composto da 100 soggetti, di cui 50 consumatori e 50 non consumatori di “psicofarmaci”.
L’analisi testuale ha permesso di riscontrare la generazione e il mantenimento della
configurazione di realtà “malato mentale”, non rilevando aderenza scientifica rispetto al modello medico e all’epistemologia della farmacologia generale. Si è riscontrata invece la configurazione di una realtà coerente con quanto emerso dall’analisi di carattere epistemologico svolta nella prima parte della ricerca; difatti psichiatria e psicofarmacologia sanciscono come reale la possibilità che il costrutto “mente” sia affetto da patologia, configurandolo in termini di realtà ontologica. Tale configurazione va inoltre a legittimare, sul piano di senso comune, l’intervento della psichiatria sulla così detta “malattia mentale” attraverso l’approccio farmacologico. L’analisi testuale ha riscontrato anche la generazione di un processo di tipizzazione in atto nei confronti del “consumatore di psicofarmaci”.
In base ai risultati ottenuti è possibile concludere che l’applicazione della terapia
‘psicofarmacologica’, assieme alle pratiche discorsive di ricercatori, medici, pazienti e gente comune che scaturiscono da tale applicazione, abbia specifici effetti pragmatici: la legittimazione, sul piano narrativo, della pur scorretta e infondata prescrizione di psicofarmaci, nonché la generazione e il mantenimento dell’identità tipizzata “malato mentale”. La prescrizione medica di uno ‘psicofarmaco’, difatti, non fa che avvalorare la ‘diagnosi’ stipulata dallo psichiatra, una ‘diagnosi’ di cui è stata dimostrata l’infondatezza epistemologica, e gli effetti pragmatici consistenti
nell’etichettamento del paziente. Inoltre, sempre dal punto di vista narrativo, come è stato rilevato dai dati, i processi discorsivi sugli ‘psicofarmaci’ generano realtà in cui i farmaci psichiatrici agiscono “di fatto” sulla ‘psiche’, o sul corpo e sulla ‘psiche’, con modalità che spaziano dalle reazioni biochimiche a quelle dirette sul costrutto in questione, dando anche effetti terapeutici, in discordanza coi fondamenti epistemologici della medicina e della farmacologia generale.
Riferendosi a quanto concluso si propone uno scarto di paradigma entro la prassi psichiatrica.
Esso consiste nell’adozione di un paradigma narrativistico che, data la sua collocazione entro l’alveo del realismo concettuale, permette di andare a costruire interventi che possano dirsi fondati e dunque efficaci.
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Informazioni tesi
Autore: | Silvio Gaspardo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Gian Piero Turchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 381 |
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