Benessere e denaro: confronto tra le spiegazioni economiche e psicologiche del paradosso di Easterlin
Il denaro è una buona misura del “benessere” di un paese? In altre parole, lo sviluppo economico contribuisce alla “felicità” umana? Che relazione c’è tra ricchezza e “felicità”?
Questi sono gli interrogativi che l’economia si è posta fin dagli inizi (Smith, 1959, 1776; Malthus, 1798, 1820) e che sono attualmente oggetto di intensa discussione da quando l’economista e demografo americano Easterlin (1975) ha osservato che il benessere economico non porta con sé un aumento di “benessere umano”.
L’interesse per questo “paradosso della felicità” ha condotto gli economisti ad interessarsi alle questioni sollevate dagli psicologi: che cosa intendono le persone per “felicità”? Che cosa le rende “felici”? Che cosa distingue gli individui “felici” da quelli “infelici”?
La “felicità” è ormai diventata un campo di studi multidisciplinare, tuttavia le ricerche nelle diverse discipline procedono perlopiù in modo parallelo; l’originalità della mia tesi consiste proprio nel mettere insieme i principali contributi di economisti e psicologi sulla relazione tra “benessere” e denaro per evidenziare analogie e differenze nell’approccio adottato e nei risultati ottenuti.
Questo confronto sembra dare sostegno alle osservazioni di Easterlin: economisti e psicologi concordano nel riconoscere che il denaro non è il fine ma solo il mezzo per raggiungere ciò che ognuno intende con “felicità”.
Diverse sono le implicazioni di questo risultato: il paradosso di Easterlin minaccia la concezione dell’essere umano implicita nella teoria economica, in particolare l’idea che l’egoismo e l’avidità siano i moventi principali delle scelte economiche e costringe l’economia ad ammettere l’importanza delle motivazioni non egoistiche per una migliore comprensione di realtà economiche, quali i servizi alla persona e le organizzazioni no-profit.
Inoltre, il paradosso di Easterlin induce a riflettere sul nostro stile di vita: se raggiungere il benessere economico non garantisce una vita “felice” (come Nickerson; Schwarz; Diener; Kahneman, 2003 hanno evidenziato in un interessante studio longitudinale), quali obiettivi è meglio perseguire? Se il consumismo è una minaccia per il “benessere psicologico” (come Fromm, 1976 ha efficacemente espresso), come è possibile essere felici in una società consumistica? In particolare, se “stare bene” è inteso solo come stare meglio di qualcun altro (come Hirsch, 1976 ha fatto notare agli economisti), in che modo si può essere felici senza danneggiare la felicità delle altre persone?
In conclusione, questi ultimi sviluppi del dibattito sul paradosso di “Easterlin” sono interessanti dal punto di visto “scientifico” perché favoriscono l’incontro di economisti e psicologi nello studio del comportamento umano, ma anche dal punto di vista “umano” perché aprono nuove prospettive per una società dove la persona e i suoi “bisogni” siano messi al centro di ogni decisione pubblica.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Parisi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Milano - Bicocca |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Luigi Ferrari |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 165 |
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