Tra Italia ed Europa: riforme del mercato del lavoro e governo della precarietà
In Italia, con le ultime riforme in materia di lavoro, si è verificata una drastica contrazione dei diritti conquistati, da qui la necessità di trovare nuove tutele per «i più poveri tra i poveri», come il Reddito di inclusione (REI), destinato a persone in estrema difficoltà (dal 1° dicembre 2017).
Molti paesi europei, prescindendo dai colori e dagli specifici schieramenti governativi, nel maldestro tentativo di riformulare misure a sostegno delle classi più vulnerabili, cavalcano le testate giornalistiche ed attirano il favore dell’opinione pubblica meno attenta, con l’erogazione del reddito di cittadinanza nella formula di coazione al lavoro.
Seguendo l’esempio dei propri vicini, anche la proposta italiana, si basa su un patto scellerato con il cittadino: lo Stato sosterrà economicamente, per un certo periodo, il lavoratore disoccupato che potrà quindi avvalersi dei sussidi governativi a patto che trovi presto una collocazione all’interno del sistema produttivo, questo prescindendo da competenze ed ambizioni, pena vedere rapidamente trasformato il “premio iniziale” in uno strumento ricattatorio e punitivo.
Siamo vulnerabili. Figli di un tempo anomalo, di governi deboli, di mercati invasivi.
Siamo «Vulnerabili: noi, individui disorientati, ma anche la struttura sociale indebolita, e infine la democrazia esausta. […] Perché il disordine economico – finanziario ha potuto allargarsi a dismisura in quanto ha trovato i cancelli della democrazia aperti e scardinati, quindi si è insinuato comodamente nelle debolezze del meccanismo democratico, come ruggine». Lo Stato ha perso la sua funzione di creatore di sicurezza e si è arreso alla tanto discussa crisi, precarizzando ogni ambito delle proprie politiche, in primis il lavoro, che da diritto collettivo, diviene merce a basso costo, adattandosi alle logiche della peggiore globalizzazione.
Riprendendo una definizione di Ezio Mauro è significativo affermare che lo Stato ed il cittadino sono la nuova coppia malata della democrazia, costretti a vivere insieme, senza che l’uno riconosca l’altro, senza passione, senza speranza.
Certo, «l’apatia politica non è di per sé una novità; ad essere relativamente nuove sono le cause principali che oggi la provocano». Molti teorici delle elitès in tempi non sospetti avevano evidenziato come la massa, sprovvista di solide nozioni ed aderente ai principali partiti politici, fosse un soggetto passivo della democrazia.
Tuttavia, la teoria non è del tutto valida. Rileviamo che la stessa massa di studenti ed operai, dentro le università, barricata dietro ai cancelli delle fabbriche e nelle piazze del popolo, ha invece orientato le politiche dei governi e di conseguenza le leggi a proprio favore negli scorsi cinquant’anni. Lo ha fatto in maniera silenziosa, portando alla luce casi concreti per l’emanazione della norma a propria tutela o, ancora, in maniera ordinata, firmando per promuovere importanti referendum; altre volte ad alta voce, perdendo retribuzione, ma guadagnando le piazze ed infine in maniera clandestina quando c’era la necessità di rivendicare un diritto non garantito a livello normativo, attuando così atti di disobbedienza civile.
Oggi, in particolare nel nostro Paese, il problema è da ricercare nella perdita di fiducia. Chi perde il lavoro, si ritrova spesso in una condizioni di solitudine, perché viene collocato fuori dal meccanismo dei guadagni, quindi emarginato. Il tema negli
ultimi tempi, tra l’altro, è stato molto banalizzato da figure che si ergono a salvatori dei deboli, senza piani concreti per poter realmente gestire una situazione così complessa.
Inoltre, ben reinterpretando il vecchio motto popolare che recita «l’Unione fa la forza», ovunque gli incentivi statali e privati, tendono a premiare la competizione, sminuendo le possibilità offerte dalla cooperazione.
I governi che alimentano e nutrono la società dei consumatori sono entrati in una fase di instabilità e precarietà, raggiungendo il livello del cittadino, stanco di assumersi rischi e responsabilità. Perché, in effetti, «che razza di responsabilità sarebbe la nostra se qualunque cosa facciamo o non facciamo ha effetti così scarsi, o nessun effetto, sulle nostre prospettive di vita?
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Franzè |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Scienze per la Cooperazione e lo sviluppo |
Anno: | 2018 |
Docente/Relatore: | Giuliana Commisso |
Istituito da: | Scienze per la Cooperazione e lo Sviluppo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 140 |
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