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Il lato ''B'' della pubblicità. Humour, ironia e understatement come alternative per la persuasione.

[…] Nel corso di questa mia analisi […] entreranno in gioco diversi termini come ironia, understatement e humour per l'appunto, termini di cui cercherò di dare le corrette definizioni ricorrendo anche alle dovute differenziazioni, facendo riferimento alla letteratura sull'argomento. Vedremo come nonostante certuni pensino che ironia e humour possano essere considerati sinonimi per indicare uno stesso stato delle cose, in realtà sono solo termini "imparentati" (primo capitolo).
Nel secondo capitolo entreremo nel vivo dell'argomentazione distinguendo i vari tipi di humour che sono stati individuati dagli studiosi del settore e per ognuno si tenterà di capirne la messa in atto. Vedremo come l'uso dello humour sembri scaturire da una dicotomia che è sì condizione necessaria, ma tuttavia non sufficiente affinché l'attenzione dello spettatore sia convogliata sul prodotto (o come dicevamo, su di una più positiva visione della marca/azienda). La condizione per cui tutto questo si realizzerà sarà la risoluzione di tale dicotomia grazie ad un processo interno allo spettatore stesso, poiché incaricato dallo spot di risolvere questa contraddizione: proprio in questa risoluzione sembra infatti risiedere la manifestazione dello humour. Un breve accenno verrà qui fatto anche ai rischi che si corrono con l'uso dello humour in pubblicità. Alla fine del capitolo si metteranno in evidenza le differenze della pubblicità italiana rispetto a quella straniera per quanto riguarda l'uso dell'ironia. Al fine di comprendere quali obiettivi comunicativi sono più probabilmente raggiungibili attraverso l'uso dell'ironia e dell’understatement (che altro non è poi che una "pacata" forma d'ironia), si farà una breve considerazione sulla capacità dello humour di suscitare un'emozione, classificando eventualmente le differenti situazioni emozionali che ne possono scaturire: riso, pena, stupore, tristezza, ecc.. Ovvero si tenterà di capire come un determinato stimolo sia capace di suscitare una specifica risposta nell'interlocutore, un'emozione. (terzo capitolo). Nel quarto capitolo verranno presentati due casi di strategia creativa che utilizzano understatement e humour: Volkswagen per l’understatement (ad opera di quel genio creativo che rivoluzionò la storia della comunicazione, nonché dell'impianto del reparto creativo in agenzia poiché fu il primo a mettere insieme un copy e un art nella stessa scrivania che fu William Bernbach, detto Bill), Diesel di Renzo Rosso per lo humour. Infine nel quinto capitolo proporrò una brave riflessione sull'uso di ironia e humour nella pubblicità sociale, presentando, per concludere, uno storyboard di mia creazione.

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4 Introduzione Una volta usavo dire che le persone che mi piace- vano erano quelle intelligenti e con il senso dell‟umorismo. Poi ci ho ripensato e ora dico che mi basta abbiano il senso dell‟umorismo. Perché, in fondo, cos‟è il sense of humour se non intelligenza, cioè la capacità di distinguere fra ciò “che è” e ciò che “dovrebbe essere”, saper coglie- re l‟incongruità di un comportamento in un certo contesto, stupefarsi per le esagerazioni, le incapa- cità, le inadeguatezze? Qui si farà più riferimento all‟umorismo anglosas- sone dell‟ironia, dell‟understatement e dell‟assurdo, più difficile, ma che dà più soddisfa- zioni. Per persone intelligenti. Franco Nervo, scrittore 1 . “Il lato “B” della pubblicità” è un titolo che viene scelto per parlare di un ar- gomento fortemente dibattuto negli ultimi decenni da studiosi di pubblicità e 1 http://www.bluestyle.org/umorismo.htm

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