Un altro genere di comunicazione. Il maschilismo nel linguaggio politico e mediatico italiano
Si prende le mosse dalla tesi, abbracciata da studiosi e osservatori della comunicazione, secondo cui, con la nascita della tv commerciale in Italia e della politica spettacolo della Seconda Repubblica, il cambio di rotta sul versante dei contenuti e del linguaggio abbiano provocato un peggioramento della rappresentazione della donna nell’immaginario collettivo. Tale rappresentazione si riflette nella realtà della vita quotidiana, che nel 2014 vede l’Italia al 69esimo posto (su un totale di 142 paesi), nella classifica sulla disparità di genere.
Vengono presentate le basi teoriche di tale riflessione, si analizza il concetto di categorizzazione sociale, l’adattamento ai valori dominanti e il comportamento inter-gruppi. Viene poi brevemente percorsa la storia del maschilismo e il ruolo giocato dalle religioni fino agli anni Settanta.
Dagli anni Ottanta l’analisi si concentra sul percorso specificamente italiano, dal conflitto tra politica e Corte Costituzionale sulla legittimità dei canali Fininvest alla nascita della Seconda Repubblica. Quando la logica dello spettacolo entra prepotentemente in quella della politica assistiamo al fenomeno della sua spettacolarizzazione. L’informazione, nel caso italiano referenziale nei confronti del potere, riflette la nuova politica senza opporsi. Da un lato un’informazione che si limita a riproporre lo scontro politico, dall’altra un potere immenso concentrato nelle mani di una sola persona che detiene, direttamente e indirettamente, il controllo della maggioranza delle tv generaliste in un paese che si informa prevalentemente attraverso la televisione, hanno contribuito ad introiettare modelli proposti da media e politica in cui la donna viene progressivamente degradata e resa grazioso orpello. Termina l’epoca delle rivendicazioni ed inizia quella della donna-oggetto. Alcuni tra i protagonisti della Seconda Repubblica introducono all’interno del gioco politico tale immagine, rendendo di fatto indistinguibile la donna politica dalla soubrette e legittimando l’insulto e la battuta sessista verso tali donne, che diventano così un facile bersaglio di “simpatiche” riflessioni maschili, di cui Berlusconi è il massimo rappresentante. Nel terzo capitolo viene analizzato un caso specifico, quello di “Greta e Vanessa”, volontarie rapite in Siria, che hanno subito un violento attacco mediatico, di cui si sono resi complici anche alcuni politici. Le parole con cui gli italiani parlano della donna sono legittimate e suggerite proprio da quel linguaggio politico e mediatico che negli ultimi anni si è impegnato in quest’opera di umiliazione e declassamento della sua figura. Infine vengono proposti dei dati su cui riflettere, classifiche che collocano l’Italia agli ultimi posti tra le democrazie sulla libertà di stampa. Media e politica devono necessariamente prendere strade diverse per poter dare una vera possibilità di pluralismo. E' dimostrato che i paesi dove maggiore è la libertà di stampa hanno bassi livelli di diseguaglianze di genere. Si impone la necessità di reintrodurre la cultura in televisione e di restituire alla donna la sua dignità attraverso una giusta rappresentazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Valentina Sorrentino |
Tipo: | Diploma di Laurea |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione |
Corso: | Scienze e tecnologie della comunicazione |
Relatore: | Christian Ruggiero |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 217 |
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