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Passerella al ''Paradiso''

Passare, attraversare, scavalcare, superare, connettere parti della città o luoghi geografici topograficamente separati, sono condizioni che nella storia dell'architettura e dell'ingegneria civile hanno trovato il loro archetipo risolutivo nel ponte: “passaggio speciale” nel continuum dei sistemi naturali e di quelli antropizzati in cui si colloca e contemporaneamente attimo sospensivo, luogo temporaneo di astrazione dalle loro complesse morfologie per osservarne l'intorno da un suo proprio, particolare, punto di vista.
In analogia con gli obiettivi di ascesa delle torri, il ponte è una costruzione ideata invece per una mobilità orizzontale, per il raggiungimento di una meta quasi sempre complanare, ma come le torri è anche fatto per vedere e per essere visto.
Rappresenta un magico momento di bilico, una parentesi fisica, temporale e psicologica, in cui, dopo la riconquistata unità di percorso, è possibile fermarsi per rileggere la città o il paesaggio da un osservatorio privilegiato, apparentemente meno coinvolto.
Questa sua condizione particolare in cui si coniugano la necessità di unire, di confondere e rendere compatibili luoghi separati, con la peculiare autonomia morfologica del ponte, ne hanno fatto un “tipo” di costruzione architettonica la cui categoria si eleva spesso al livello di elemento emblematico e soprattutto soggetto rappresentativo di un contesto urbano o paesaggistico.
In questi ultimi anni si è prodotta una significativa evoluzione nel progetto di ponti, passerelle e infrastrutture viarie sospese che ha visto delinearsi un rinnovamento non solo dei parametri estetici e costruttivi ma anche degli stessi princìpi di contenuto ideologico, sociale e ambientale che ne hanno determinato un considerevole spostamento, dal campo ingegneristico per eccellenza, a settore di sperimentazione e verifica di nuovi valori architettonici e urbani.
A partire dagli anni ottanta, accanto a una conferma dei tradizionali caratteri di “opera d'arte” nel tessuto urbano, di architettura che fondava la sua bellezza sull'espressività delle componenti statico-strutturali, si sono sviluppate riflessioni sulle nuove valenze paesaggistiche e ambientali del ponte, su una progressiva enfatizzazione della leggerezza e antistaticità raggiungibile con le nuove componenti tecnologiche, ma soprattutto, sulle sue potenzialità di spazio civico vivibile e rappresentativo (valga per tutti l'opera magistrale di un autore come Santiago Calatrava che, come Nervi per gli anni sessanta, rappresenta e segna l'innovazione di questo scorcio di secolo).
Ponti e passerelle inoltre, come è accaduto a strade, piazze, viali, edifici o loro parti, nella disorientante eterogeneità del paesaggio metropolitano contemporaneo, hanno subìto una metamorfosi accentuando da una parte i caratteri di un loro possibile uso collettivo, come spazi cioè che potevano accogliere e valorizzare funzioni ricreative e per il pubblico incontro, dall'altra connotando di più la loro vocazione di unicum, opere singolari dotate di forte personalità autonoma, a cui era possibile demandare la riqualificazione di un giardino, di un parco, di un complesso di edifici o di una parte della città, ridando significato e pregnanza estetica a luoghi dimenticati.
Questa tesi di laurea tratta l'ipotesi di una nuova passerella pedonale inserita all'interno dell'Ottocentesco parco, ubicato a Castelfranco Veneto (TV), facente parte di un contesto storico di notevole interesse giunto immutato sino ad oggi : la “Villa Revedin”, di proprietà dell’Università degli Studi di Padova dal 1967 a seguito di una donazione disposta dalla Signora Renata Mazza ved. Bolasco-Piccinelli.
Nella prima parte dello studio viene sinteticamente descritto ed analizzato il luogo in questione ed in modo particolare il contesto storico e culturale relativo al periodo in cui venne realizzato. Questi concetti risalenti al periodo Romantico e Neogotico, rivisitati e reinterpretati dalle nuove tecnologie, si svilupperanno nella seconda parte dando forma all'idea progettuale per la nuova passerella. Lo studio si conclude con la descrizione dell'ipotesi di progetto e con l'approfondimento dei dimensionamenti di massima e delle verifiche strutturali.

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Introduzione Passare, attraversare, scavalcare, superare, connettere parti della citt o luoghi geografici topograficamente separati, sono condizioni che nella storia dell’architettura e dell’ingegneria civile hanno trovato il loro archetipo risolutivo nel ponte: passaggio speciale nel continuum dei sistemi naturali e di quelli antropizzati in cui si colloca e contemporaneamente attimo sospensivo, luogo temporaneo di astrazione dalle loro complesse morfologie per osservarne l’intorno da un suo proprio, particolare, punto di vista. In analogia con gli obiettivi di ascesa delle torri, il ponte Ł una costruzione ideata invece per una mobilit orizzontale, per il raggiungimento di una meta quasi sempre complanare, ma come le torri Ł anche fatto per vedere e per essere visto. Rappresenta un magico momento di bilico, una parentesi fisica, temporale e psicologica, in cui, dopo la riconquistata unit di percorso, Ł possibile fermarsi per rileggere la citt o il paesaggio da un osservatorio privilegiato, apparentemente meno coinvolto. Questa sua condizione particolare in cui si coniugano la necessit di unire, di confondere e rendere compatibili luoghi separati, con la peculiare autonomia morfologica del ponte, ne hanno fatto un tipo di costruzione architettonica la cui categoria si eleva spesso al livello di elemento emblematico e soprattutto soggetto rappresentativo di un contesto urbano o paesaggistico. In questi ultimi anni si Ł prodotta una significativa evoluzione nel progetto di ponti, passerelle e infrastrutture viarie sospese che ha visto delinearsi un rinnovamento non solo dei parametri estetici e costruttivi ma anche degli stessi princ pi di contenuto ideologico, sociale e ambientale che ne hanno determinato un considerevole spostamento, dal campo ingegneristico per eccellenza, a settore di sperimentazione e verifica di nuovi valori architettonici e urbani. A partire dagli anni ottanta, accanto a una conferma dei tradizionali caratteri di opera d’arte nel tessuto urbano, di architettura che fondava la sua bellezza sull’espressivit delle componenti statico-strutturali, si sono sviluppate riflessioni sulle nuove valenze paesaggistiche e ambientali del ponte, su una progressiva enfatizzazione della leggerezza e antistaticit raggiungibile con le nuove componenti tecnologiche, ma soprattutto, sulle sue potenzialit di spazio civico vivibile e rappresentativo (valga per tutti l’opera magistrale di un autore come Santiago Calatrava che, come Nervi per gli anni sessanta, rappresenta e segna l’innovazione di questo scorcio di secolo). Ponti e passerelle inoltre, come Ł accaduto a strade, piazze, viali, edifici o loro parti, nella disorientante eterogeneit del paesaggio 3

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