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Ottimismo, coping emotivo e cultura. Un contributo sperimentale

Ricerca sulla Psicologia Positiva che pratica un confronto tra ottimisti e pessimisti, indagando le differenze in termini di stili comunicativi, di competenza emotiva, autoefficacia, gestione dello stress.
All'interno di questa ricerca, inoltre, si verifica l'efficacia di uno strumento nato per implementare l'ottimismo disposizionale.

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1. PSICOLOGIA POSITIVA, OTTIMISMO E STILE ESPLICATIVO 1.1 La psicologia positiva La psicologia dopo la Seconda Guerra Mondiale è diventata per lo più una scienza legata alla sofferenza. Essa si è concentrata, in prevalenza, sul riparare i danni, utilizzando un modello di funzionamento degli esseri umani basato sulla malattia. Gli obiettivi principali della psicologia si sono da allora concentrati sulla cura delle patologie mentali, sul rendere la vita degli individui più produttiva e soddisfacente e sull’identificare e coltivare talenti. I primi tentativi di mettere a fuoco alcuni aspetti della psicologia positiva risalgono al 1939, quando Terman effettuò alcuni studi sul dono, la gratuità e la felicità coniugale (Terman et al., 1938); ancora prima, Watson (1928) si era dedicato alle cure genitoriali, mentre Jung (1933) alla ricerca e alla scoperta del senso della vita. Altri due eventi, dopo il secondo conflitto mondiale, contribuirono al cambiamento della psicologia: la fondazione della Veteran’s Administration nel 1946 e del National Institute of Mental Health nel 1947. Questi due eventi contribuirono a dare credito scientifico agli studi e alle ricerche sulla psicopatologia. Questo produsse notevoli progressi nella diagnosi e nella cura delle patologie mentali: 14 disordini, prima di allora non trattabili, divennero curabili (Seligman, 1994). La ricerca però, mentre da una parte compiva enormi progressi, dall’altra si dimenticò quasi completamente del terzo obiettivo della psicologia: l’identificazione e la coltivazione dei talenti. La psicologia diventò una mera sottobranca della medicina, diventò quella che Seligman e Csikszentmihalyi (2000) definiscono “vittimologia”. Gli esseri umani erano concepiti dagli psicologi come passivi, non in grado di trovare la forza per uscire dal problema all’interno di loro stessi, ma solo tramite rinforzi esterni. Il focus della ricerca psicologica in quegli anni si concentrò sulla cura della sofferenza individuale. Ci fu un’esplosione di ricerche riguardanti i disordini psicologici e gli effetti negativi di stressor ambientali come il divorzio dei genitori, la morte di una persona amata, abusi fisici e sessuali. I professionisti si concentrarono sempre più sulla costruzione di una psicologia in grado di capire e trattare il disagio psicologico e i 5

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autoefficacia
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cultura del benessere
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ottimismo
ottimismo disposizionale
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pennebaker
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