Ipertensione arteriosa essenziale e spessore medio-intimale dell’arteria carotide comune
Il Rapporto Tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’ipertensione arteriosa come “il più frequente disordine cardiovascolare”, presente in circa il 20% della popolazione adulta di molti paesi.
In Italia il Progetto RIFLE (Risk Factors and Life Expectancy) fornisce un dato di prevalenza di poco superiore: nei 52 campioni di soggetti esaminati (per un numero complessivo di oltre 70.000 e con età compresa tra 20 e 69 anni) e distribuiti in 13 regioni, la percentuale di soggetti ipertesi va dal 21,3 al 25,7% .
Oltre che per questa elevata prevalenza l’ipertensione arteriosa si caratterizza per essere una condizione ad elevato rischio di eventi cardiovascolari avversi.
L’ipertensione è un fattore di rischio per ictus cerebrale, cardiopatia ischemica (angina pectoris, infarto, morte improvvisa) e per malattie cardiovascolari in generale per le quali è stata dimostrata una importante ed indipendente correlazione di cui esistono evidenze autoptiche, sperimentali, epidemiologiche e terapeutiche.
Sia in popolazioni dell’emisfero occidentale che in popolazioni dell’emisfero orientale elevati valori di pressione arteriosa, sistolica e diastolica, sono correlati ad un aumentato rischio di ictus (35-40%). L’incremento dei valori pressori sisto-diastolici sono, inoltre, positivamente associati sia all’emorragia che all’infarto cerebrale, ma l’associazione sembra essere più consistente per il primo che per il secondo evento patologico.
Nello studio di Framingham a 30 anni dall’inizio dell’osservazione, l’incidenza di angina pectoris, infarto miocardico e morte improvvisa è risultata complessivamente del 17,4 % nei maschi e del 9,6 % nelle femmine tra i soggetti normotesi, mentre è circa il doppio nei soggetti con ipertensione arteriosa lieve (PA=140-159/90-94 mmHg) di entrambi i sessi con un aumento ulteriore tra i pazienti ipertesi con valori pressori più elevati.
Secondo i dati di follow-up dello studio MRFIT relativo a soggetti di sesso maschile4 la mortalità per cardiopatia ischemica direttamente attribuibile all’ipertensione arteriosa è pari a circa il 43%, 17% e 7% nelle tre fasce di ipertensione arteriosa sistolica 140-159 mmHg, 160-179 mmHg e ³ 180 mmHg.
Il rischio di scompenso cardiaco, è anch’esso correlato ai livelli di pressione arteriosa, ma l’entità della correlazione è meno ben codificata di quanto non lo sia quella con l’ictus e la patologia coronarica. Sono tuttavia disponibili dati che indicano che pazienti anche solo anamnesticamente ipertesi hanno un rischio di scompenso cardiaco almeno 6 volte superiore rispetto a individui non ipertesi.
Nei pazienti ipertesi, il rischio di complicanze cardiovascolari è influenzato dall’età e dai fattori di rischio coesistenti, in particolare dislipidemia, insulino resistenza e diabete, e dalla presenza di danno d’organo a livello cardiaco (ipertrofia ventricolare sinistra), renale (albuminuria) e vascolare (placche aterosclerotiche).
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Informazioni tesi
Autore: | Danilo Giannini |
Tipo: | Tesi di Specializzazione/Perfezionamento |
Specializzazione in | Cardiologia |
Anno: | 1999 |
Docente/Relatore: | |
Istituito da: | Università degli Studi di Pisa |
Coautore: | Dott. Pedrinelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 60 |
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