Confronto tra gli strumenti riabilitativi utilizzati nel trattamento fisioterapico di bambini diplegici con e senza gravi deficit visivi
La Diplegia Spastica costituisce la forma più frequente tra quelle comprese nel vasto ed eterogeneo gruppo delle Paralisi Cerebrali Infantili (PCI): il disturbo motorio e percettivo si presenta principalmente a carico degli arti inferiori, compromettendo in diversa misura, in termini di funzionalità, la piena autonomia nella deambulazione, mentre più rara, rispetto alle altre forme di PCI, è la compromissione cognitiva. L’espressione clinica, in particolare, è frutto di un danno neurologico che, nella maggior parte dei casi, è correlato ad un parto prematuro. Lo sviluppo psicomotorio di questi bambini, dunque, non rispetterà fedelmente i tempi e la successione delle tappe tipiche dello sviluppo motorio normale, ma partendo da una condizione diversa e specifica, in base alle proprie potenzialità, seguirà un percorso particolare per raggiungere la maggiore autonomia possibile.
Anche la cecità congenita costituisce una condizione che influisce pesantemente sullo sviluppo psicomotorio del bambino. La deprivazione visiva, infatti, elimina un importante stimolo all’interazione con l’ambiente esterno, che diventa, quindi, più complesso da conoscere e scoprire, causando spesso ritardi nel processo di sviluppo motorio.
Dal momento che i disturbi visivi e la cecità sono frequentemente associati alla Diplegia, il terapista che accompagna il bambino diplegico nel suo difficile cammino di crescita si troverà a dover modificare sensibilmente gli strumenti operativi (attività, oggetti, proposte) da lui adoperati, nel caso in cui il disordine neuromotorio sia associato a quello percettivo. Obiettivo di questo lavoro sarà, dunque, proprio quello di approfondire come tutto ciò si rifletta nella prassi riabilitativa.
A questo scopo vengono quindi presentati due esempi di trattamento di bambini con diagnosi di Diplegia, l’uno affetto dal deficit neuromotorio singolarmente, mentre nel secondo caso il quadro si accompagna ad un deficit visivo completo: si è ritenuto, infatti, che proprio il confronto diretto tra i casi sia la modalità più immediata al fine di mettere in luce le differenze operative e le diversità nell’approccio e negli strumenti riabilitativi che devono venire utilizzati dal terapista in questo caso così delicato, al fine di scoprire e servirsi di nuovi canali di relazionamento e stimolazione, che meglio si adattino al caso specifico, e per accompagnare il bambino a raggiungere il maggior livello di autonomia e funzionalità possibile, facendo fruttare al massimo le proprie potenzialità.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefania Bravo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Medicina e Chirurgia |
Corso: | Fisioterapia |
Relatore: | Andrea Gaffuri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 146 |
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