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Made in Italy nell'agroalimentare: rapporti con la Cina

Il settore dell’agro-alimentare è sempre stato uno dei pilastri fondamentali del Made in Italy garantendo il successo del sistema produttivo italiano sia sul mercato locale che su quelli internazionali e contribuendo alla costruzione dell’immagine dell’Italia quale Paese di produzioni ad elevato valore aggiunto.
Nel contesto della globalizzazione l’ingresso preponderante della Cina ha modificato gli equilibri delle economie dei Paesi occidentali. La Cina attrae principalmente per due ragioni: la sua dimensione e l’alto tasso di crescita del mercato, che l’ha portata a diventare in pochi decenni la seconda economia mondiale subito dopo gli USA. Con un’area geografica paragonabile a quella degli Stati Uniti, in Cina vivono 1,3 biliardi di persone, che rappresentano un quinto della popolazione mondiale.
La Cina, sebbene spesso vista come un temibile concorrente del Made in Italy in quanto la produzione a bassissimi costi in settori base dell’economia italiana e il problema della bassa regolamentazione relativamente al dilagarsi del fenomeno della contraffazione, così sentito in questo Paese, abbiano portato a una perdita di quote di mercato, è vista recentemente sempre più come un potenziale mercato di sbocco dalle altissime prospettive anche dalle imprese italiane.
In questo elaborato si sono volute analizzare le opportunità e le minacce che il Made in Italy riscontra in questo mercato e le azioni che imprese e Governo mettono in atto per gestire una presenza commerciale costante, focalizzandosi in particolare sul settore dell’agro-alimentare.

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INTRODUZIONE Il settore dell‟agro-alimentare è sempre stato uno dei pilastri fondamentali del Made in Italy garantendo il successo del sistema produttivo italiano sia sul mercato locale che su quelli internazionali e contribuendo alla costruzione dell‟immagine dell‟Italia quale Paese di produzioni ad elevato valore aggiunto. Tuttavia negli ultimi quindici anni, con la spinta dei mercati alla globalizzazione, quelli che prima erano considerati i fattori di forza del sistema italiano, quali la piccola dimensione d‟impresa in grado di fare sistema all‟interno di un‟area circoscritta (distretto) e la focalizzazione sui settori tradizionali, quali abbigliamento e alimentare, ora diventano dei limiti agli scambi internazionali. I distretti sono delle realtà destinate a fallire, a favore di un più efficace sistema di networking basato su una rete di rapporti di cooperazione tra strutture interne ed esterne e l‟Italia sconta sempre più un‟inferiorità in quelli che sono i comparti competitivi dei mercati industrializzati, tecnologia e ricerca e sviluppo. In questo contesto, l‟ingresso preponderante della Cina ha modificato gli equilibri delle economie dei Paesi occidentali. La Cina attrae principalmente per due ragioni: la sua dimensione e l‟alto tasso di crescita del mercato, che l‟ha portata a diventare in pochi decenni la seconda economia mondiale subito dopo gli USA. Con un‟area geografica paragonabile a quella degli Stati Uniti, in Cina vivono 1,3 biliardi di persone, che rappresentano un quinto della popolazione mondiale. Con un‟economia in forte crescita e una popolazione di vastissime dimensioni, questo Paese promette molte opportunità di crescita ed espansione a chi sappia entrarvi con efficienti operazioni di marketing. Inoltre, nelle ultime due decadi il Governo cinese ha riformato il suo sistema economico, incrementando le forze da immettere sul mercato e aprendo le strade sempre più agli investitori esteri. Per migliorare gli scambi con l‟estero ha ridotto i dazi e il numero di prodotti che richiedono specifiche licenze di importazione, ha modificato alcune leggi, rafforzato la tutela della proprietà intellettuale nonché ha iniziato a favorire l‟ingresso delle imprese straniere anche nel settore della vendita al dettaglio. Dunque la Cina, sebbene spesso vista come un temibile concorrente del Made in Italy in quanto la produzione a bassissimi costi in settori base dell‟economia

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