Living Together. Scene dalla nuova Âge d'or digitale. Il sistema dell'arte post grande recessione
Nel 2002, Richard Florida denuncia un cambiamento dello statuto epistemologico della società, a partire da quello che tanti economisti hanno definito il passaggio dall'era industriale all'era post-industriale o neocapitalista. Seguendo le osservazioni di Florida sull'impatto a livello umano di questi cambiamenti, la stessa struttura interna della società ha subito delle trasformazioni, o per meglio dire si è auto-forgiata, adattandosi e allo stesso tempo creando le basi del nuovo stesso sistema. Ciò che è cambiato è il rapporto di potere all'interno della stratificazione stessa del processo produttivo. Insieme ai credo neo-liberali post reaganiani, post sovietici, post democristiani del finire dei ‘90, l'implementazione del settore telematico e soprattutto la diffusione di internet, il dominio democratico del network, e tutte le illuminazioni intellettuali che sono seguite, hanno influenzato la nuova economia fin nel profondo dei suoi meccanismi più spontanei. La creatività, l'indipendenza e l'autocontrollo, l'investimento personale soggettivo sul dipendente, il far credere che l'immagine dell'azienda “sei tu stesso”, e non una macchina senza personalità, sono diventati i nuovi diktat del sistema produttivo. L'industria e l'uomo sono gli artefici complici del prodotto di consumo e della proposta del mercato in un processo che ha preso il nome di consumerismo. Assistiamo all'entrata in scena di un nuovo gradino nella piramide produttiva, che diventa il traino, dopo la disponibilità economica, del successo della data “industria”: la classe creativa. Se dal finire degli anni '80, fino agli inizi del 2000, con il clima entusiasta dell'economia fertile del periodo, ciò ha significato la nascita di un contesto cittadino frizzante, vivo, culturalmente attivo, alternativo e “vibrante” per dirlo con Thomas Frank, in cui il sistema dell'arte sembrava essersi liberato di qualsiasi pressione e necessità borghese, gli eventi politici, economici e sociali dei primissimi anni del nuovo millennio hanno profondamente cambiato la società, prima a livello umano e solo come conseguenza nell'organizzazione economica. La crisi ha stroncato la possibilità delle politiche statali di crescita culturale, i finanziamenti per attività di qualunque sorta e le iniziative private che erano fiorite negli anni precedenti. Il nuovo millennio ha innegabilmente sofferto per carburare, appropriarsi di una propria identità, di una propria struttura funzionante, di una propria visione collettiva. Nella loro prima mezza dozzina, gli anni 2000 non sono stati che lo scenario di lotte generazionali tra i baby boomers e il loro ormai impossibile spirito pioneristico, avanguardista, confidente nei confronti del sistema economico, quelli che furono i fautori del consumerismo, politicamente e intellettualmente emancipati, con una fiducia cieca nei confronti di se' stessi, della loro forza in quanto gruppo e della “possibilità” di fare, e i loro figli della generazione X, promesse di un futuro radioso e inarrestabile quanto alla loro propensione alla tecnologia, ma sedentari e socialmente disimpegnati. La mercificazione del dissenso promulgato dai gruppi contro-culturali a partire dagli anni '70, che è una delle strategie del “nuovo capitalismo creativo” dei baby boomers, descritto da Thomas Frank, ha determinato, nell'uomo preda allo stato d'animo post-bolla economica e post- 11/09, un rifiuto nei confronti delle identificazioni culturali o di genere, cosicché ogni subcultura, movimento o gruppo politico, tendenza artistica, nata dopo il 2006 credeva e crede nell'ibrido come valore sociale, nella de-identificazione in un sistema di valori, nell' annullamento dell'identità e dell'immagine, al fine di emanciparle dalla loro stessa usurpazione da parte del capitale e di divenire parte di quel sistema fondato sul “random e qualunque”. “Uno è tutti” è il credo e la forza delle vittime della bolla economica e dei gruppi anti-sistemici.
La vibracy non si è arrestata. È solo diventata più povera. E più autoctona dell'internet.
Ciò che si apre con la digitalizzazione sono nuove radicali possibilità di matrice molto più umanamente epistemologiche che politiche: un nuovo re-immaginare criticamente l'autorialità, un nuovo regime di proprietà, un nuovo senso di collettività, la consapevolezza di una democratizzazione economica, all'interno di un sistema freepotista o duty-free, oltre che il sorgere di nuove necessità intellettuali, emancipate dal “collegismo” e dalla necessità di un sapere scolastico disciplinato e fondato su dottrine, e invece volto a affrontare e entrare nelle maglie delle larghe questioni e problematiche che sono alla base della comprensione della contemporaneità in genere.
Quelle che si stanno definendo, la storia che si sta scrivendo, sono scene di una nuova Âge d'or digitale.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Romana Ricci |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Accademia di Belle Arti |
Facoltà: | Teoria e Pratica dell'Arte Contemporanea |
Corso: | Visual Cultures e Pratiche Curatoriali |
Relatore: | Loredana Parmesani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 80 |
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