"Oyeme con los ojos". La diatriba di Suor Juana Inés de la Cruz con il clero della Nuova Spagna
La società della Nuova Spagna della metà del secolo XVII si presenta come un esempio di mondo chiuso in se stesso, fortemente conservatore di un ordine precario, tanto faticosamente acquisito ed imposto in un breve tempo. Poco più di cento anni prima infatti, i conquistadores sterminarono gran parte delle popolazioni autoctone e cercarono di estirpare ogni credo e rito pagano esistente. Solamente in alcuni sporadici casi, i primi missionari cercarono di attuare una conversione pacifica così da capire e testimoniare al mondo i culti dei nativi astenendosi da un disprezzo gratuito. Successivamente la Chiesa, parte essenziale dell’organizzazione della società della Nuova Spagna, non tanto interessata alle anime delle popolazioni autoctone, quanto al proprio potere ed accecata dalla volontà d’imporre il proprio credo, contribuirà alla formazione di quella che sarà una vera e propria società basata su termini completamente opposti fra loro. Città del Messico, così come tutto il vicereame della Nuova Spagna, fu infatti caratterizzata da un estremo perseguimento dell’ortodossia ma allo stesso tempo era una società improntata ad una fortissima sensualità e passionalità. La tanto propugnata moralità della società novoispanica, era infatti mera apparenza: una maschera che la gente utilizzò per ripararsi dagli attacchi delle autorità religiose. Questo camuffamento sarà adottato, come si avrà modo di capire, dallo stesso clero, cercando di reprimere le passioni e i desideri ‘terreni’ dei suoi ranghi, con astinenza forzata, clausura e disprezzo per le passioni umane. Questa ripulsa estrema per la natura stessa dell’essere umano, porterà alla formazione di personalità ‘malate’, accecate dal desiderio di far condividere la loro strada a più persone possibili, soprattutto donne, sottraendole alla ‘corrotta’ vita mondana ed assicurandole a Dio. Compito che bisognerebbe considerare lodevole se le anime da salvare fossero state consenzienti o comunque che, trovandosi nel dubbio su quale strada perseguire, fossero state bisognose di un aiuto spirituale che le guidasse ad una scelta consapevole. I Fatti però si discosteranno radicalmente dalle intenzioni. Questi ‘salvatori di anime’, decisero anche per loro, crearono delle vere e proprie carceri in cui raccogliere il maggior numero possibile di donne sole e la loro frenesia nel ricercare giovani da rinchiudere in conventi di clausura, fu senza pari. Lo scopo del presente lavoro, vuol innanzitutto essere quello di presentare la figura di Suor Juana Inés della Cruz, bistrattata per secoli e di dimostrare come una personalità del suo calibro, conscia e fiera delle proprie qualità intellettive, potesse scatenare nel Messico barocco, una tale invidia e inimicizia da parte del clero, da renderle la vita pressoché impossibile. Anche la giovane Juana Inés, infatti, sola alla corte vicereale, non passò inosservata e non riuscì a sottrarsi all’abilità persuasiva di questi chierici che la spinsero verso la strada della clausura. Nonostante ciò, perseguì per tutta la sua esistenza il vero scopo della sua vita, studiare e comporre versi, contravvenendo così alle regole che la morale della Chiesa le imponeva. La sua produzione letteraria risultò essere uno dei lavori più riusciti dell’epoca barocca dell’intero mondo ispanico. Il suo ardire nel ribellarsi alle regole imposte dalla Chiesa e la notorietà che ne conseguì, la fece incorrere però nell’ira di chi aveva cercato di rinchiuderla in un convento per assicurarla a Dio, scatenando un vero e proprio scontro per stabilire chi dovesse primeggiare; ma la Chiesa non poteva perdere contro una semplice donna, ciò avrebbe screditato la sua autorità agli occhi di tutti: era necessario rimettere ordine e zittirla. La sua punizione sarebbe stata esemplare e lei sarebbe dovuta tornare sui propri passi ad ogni costo. Si vuol dimostrare come i divieti a lei imposti dalle autorità ecclesiastiche, che si adoperarono strenuamente per impedirle di scrivere e di ottenere notorietà nel mondo, sortirono l’effetto contrario: la monaca difendendosi, produsse i due testi presi in esame (Carta Atenagórica e Respuesta a Sor Filotea de la Cruz) che analizzati in profondità, dimostrano un’abilità retorica e una pluralità di livelli di lettura e di significati che li designano come capolavori della letteratura barocca mondiale.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Bosio |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Fabio Rodrìguez Amaya |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 164 |
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