Lungo la linea gotica: il doppio in The Shining e The Dark Half di Stephen King
Leggere i romanzi di Stephen King è diseducativo e pericoloso: le parole pronunciate dall’autore stesso durante una conferenza sulla censura sembrano dirci proprio questo. E’, infatti, inutile negare come la violenza e l’orrore che troviamo nella sua produzione siano sempre stati considerati come prodotti da una mente distorta, concepiti da una psiche disturbata; una domanda che gli viene rivolta frequentemente riguarda infatti il motivo che lo ha spinto a scrivere storie di questo genere, come se essere uno scrittore horror dipendesse da un sicuro trauma infantile.
Questo studio mira a dimostrare come King sia stato spesso male interpretato da studiosi e dal pubblico, che hanno di rado apprezzato la sua capacità di creare personaggi complessi e di scrivere storie letterariamente rilevanti, concentrandosi, invece, sull’armamentario soprannaturale che abbonda nei suoi romanzi. Per raggiungere questo scopo, quindi, abbiamo scelto due opere, The Shining (1977) e The Dark Half (1989), che sono state analizzate alla luce di un tema specifico, quello del doppio; partendo dalle forme con le quali questo tema veniva presentato nella letteratura gotica classica, sono stati indagati i modi in cui King è riuscito ad elaborare e sovvertire questa tradizione.
In The Shining, nella vicenda della famiglia Torrance intrappolata in un albergo stregato, si è ravvisato un processo di doppia conoscenza, un viaggio che condurrà parallelamente padre e figlio alle stesse, tragiche conclusioni: lo spirito maligno che aleggia nell’elegante costruzione vuole sfruttare la capacità precognitiva del piccolo Danny per assumere vita propria. Sia Jack, il protagonista, che il figlioletto hanno dei “doppi”, cioè un mostro dagli occhi rossi, che tormenta i sogni di Danny, e Tony, “amico invisibile” del bambino, sua guida morale attraverso i meandri dell’albergo. In questo romanzo, elementi della fiaba di Barbablù e di Pollicino si mescolano a suggestioni tratte da The Strange Case of Dr. Jeckyll and Mr. Hyde (1886) di Robert L. Stevenson, dai moderni stalk-‘n-slash movies e dalla ghost story alla Algernon Blackwood, così come in The Dark Half troviamo riferimenti ad Hawthorne e Poe, ma anche ai macabri fumetti di William Gaines, alle figure del vampiro e del morto vivente e ai film del ciclo Nightmare. Nella vicenda dello scrittore Thaddeus Beaumont e del suo pseudonimo letterario, George Stark, che diviene una persona reale e inizia ad uccidere coloro che hanno voluto la sua “morte”, il tema del doppio è evidentissimo: Thad, che aveva tentato di disfarsi di quest’identità fittizia, si trova invece a dover fronteggiare un violento serial killer, originato dalla sua stessa volontà, che pretende di imparare a scrivere per poter vivere autonomamente.
E’ stato interessante, infine, indagare le forme tramite cui tre registi così diversi come Stanley Kubrick, Mick Garris e George Romero hanno reso in immagini questo tema; nei tre film tratti dai due romanzi in questione, abbiamo visto come lo scopo sia stato raggiunto con l’impiego di particolari accorgimenti formali (lo specchio, il labirinto e le allucinazioni di Danny), nel caso di Kubrick, oppure con il procedere della narrazione filmica e con effetti speciali, nei casi di Garris e di Romero. I film, quindi, sono stati utilizzati come parti dell’apparato critico dei romanzi, come “chiavi fatte di immagini”, per penetrare ancora più a fondo nel mistero della duplicità, tema affascinante, per sempre legato alla violenza, in quanto entrambi sono espressioni della mente umana.
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Informazioni tesi
Autore: | Teresa Cannatà |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Udine |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Francesco Rognoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 212 |
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