La più recente produzione teatrale di Edward Bond
Edward Bond è considerato tra i più importanti drammaturghi inglesi “impegnati” del ‘900. Le sue prime opere, tutte andate in scena al Royal Court tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta, fecero scalpore per i contenuti scioccanti e dissacratori, tanto che spesso la censura ne proibì le repliche. Sicuramente le polemiche scoppiate intorno al “caso Bond” su quotidiani e settimanali, polemiche che divisero l’opinione pubblica in entusiasti e scandalizzati, contribuirono ad attirare l’attenzione sul problema della censura, che finì con l’essere abolita nel 1968.
Bond definisce i suoi primi dieci anni di attività un periodo di tirocinio, durante il quale ha preso coscienza del preciso significato politico che intendeva dare alla sua opera e, contemporaneamente, ha sperimentato e cercato di combinare diverse tecniche drammatiche – dal teatro surrealista a quello epico di impronta brechtiana, dal teatro dell’assurdo al genere agit-prop – alla ricerca di uno stile personale. Nella seconda fase della sua carriera di drammaturgo Bond non vuole più solo limitarsi a denunciare quello che non va nella società contemporanea, ma vuole proporre, attraverso le sue opere, un progetto per una società alternativa a quella esistente, basata su principi nuovi, in grado di creare un’umanità più libera e più felice. Mentre all’inizio il suo scopo primario era quello di scuotere le coscienze del pubblico, costringendolo ad assistere alla violenza del mondo in cui viviamo, successivamente si convince che il teatro può gettare le fondamenta per una vita migliore.Certo, una rappresentazione teatrale non può cambiare il mondo, ma può “co-operate with all those who are in any way involved in rationally changing society and evolving a new consciousness. It may initiate the change in some people.”
Nel corso degli anni ha sviluppato una personale idea sulla struttura di un testo teatrale, sotto molti aspetti persino contrastante rispetto alle caratteristiche del teatro epico brechtiano. Quello che continua ad accomunare i due autori è l’intento di creare un teatro “rivoluzionario”, in grado di contribuire attivamente alla creazione di una società socialista.
Dal 1978 Bond si dedica anche alla regia delle sue opere, da una parte perché – a suo parere – i registi, troppo preoccupati di riempire le platee di spettatori paganti, tendono a tradire la sostanza dei suoi testi, dall’altra perché il lavoro a stretto contatto con gli attori stimola la sua attività di scrittore: le difficoltà che incontra sul palcoscenico lo aiutano a sviluppare le sue teorie in modo che non siano soltanto funzionali al contenuto politico dell’opera, ma anche alle esigenze pratiche della messa in scena.
Uno dei progetti, ancora irrealizzato, di Bond, è trovare un proprio spazio, un teatro tutto suo, nel quale poter attuare liberamente ai suoi progetti.
Nella prospettiva di lavorare in futuro con una propria compagnia, Bond sta elaborando anche un metodo di approccio al testo, sul modello di quelli codificati in passato da Brecht e da Stanislavkji, con lo scopo di formare una nuova generazione di attori, capace di rendere, attraverso l’interpretazione, la complessità della sua teoria sui diversi piani di lettura di un testo teatrale.
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Lo Scalzo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Romana Zacchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 168 |
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