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Libia: lo scatolone di sabbia


Lo slogan anticolonialistico ebbe origine nel 1911, quando l’Italia conquistò la Libia, imponendo un dominio che sarebbe terminato solo con la sconfitta nella seconda guerra mondiale.La storia di questa conquista non inizia però nel 1911, con la dichiarazione di guerra che l’Italia invia all’Impero Ottomano che sulla Libia aveva un protettorato secolare, ma almeno una ventina d’anni prima, quando i territori al di là della Sicilia iniziano ad incuriosire e interessare sia i governanti italiani sia i nostri affaristi e gli esploratori.Il Governo italiano iniziò a tessere una complessa tela di rapporti diplomatici tali da consentirgli in un futuro prossimo di annettersi il paese senza resistenze da parte delle grandi potenze europee.Iniziative di carattere diplomatico vennero integrate con manovre di penetrazione in campo economico, soprattutto attraverso l’attività del Banco di Roma che a partire dal 1907 aveva istituito una succursale a Tripoli e che, sollecitato dal Governo italiano, finanziava diverse imprese e attività commerciali in Libia. Le manovre preparatorie del governo potevano contare sul largo sostegno accordato all’iniziativa coloniale dai giornalisti e dagli scrittori italiani dell’epoca, che in larga maggioranza vedevano di buon grado la conquista della Libia. A partire dal 1911 i principali quotidiani italiani scrissero sempre più spesso dei vantaggi che sarebbero potuti derivare all’Italia da questa conquista: possibilità di sviluppo economico che avrebbero arricchito gli stessi libici, di cui avrebbero beneficiato le classi popolari italiane che non sarebbero più state costrette all’emigrazione verso paesi stranieri.Pochi e poco ascoltati gli oppositori: Turati, Salvemini e Nitti; essi mettevano in guardia contro le false illusioni sulle ricchezze minerarie e agricole della Libia. Nonostante queste voci dissenzienti, il presidente del Consiglio Giolitti portò avanti speditamente i suoi piani e nel settembre del 1911 decise che era ormai giunto il momento di attaccare.Il 29 settembre il Governo italiano annunciò di aver deciso di procedere all’occupazione militare della Tripolitania e della Cirenaica e presentò la sua dichiarazione di guerra.
Nessuno aveva ben compreso soprattutto la mentalità della popolazione autoctona, o meglio delle varie tribù che abitavano la regione.
Nessuno, tranne Leone Caetani, illustre islamista che già nel giugno del 1911 aveva messo in guardia il Parlamento con un discorso lungimirante pronunciato alla Camera, dopo aver sconsigliato l’invasione, ricordando che l’ostilità dei libici verso i turchi non significava certo che i primi fossero disposti a sottomettersi agli italiani.
La svolta della guerra giunse nel 1912, in primavera, quando le truppe italiane occuparono Rodi, a questo punto il Governo turco, preoccupato più per l’incolumità del proprio territorio che per la situazione in Libia avviò la trattativa di pace.Nell’ottobre del 1912 venne firmato a Ouchy, vicino a Losanna, un trattato di pace tra il Governo italiano e il visir dell’Impero Ottomano.Dopo il trattato di pace con l’Impero Ottomano l’occupazione italiana proseguì a fasi alterne, intrecciandosi con gli avvenimenti della prima guerra mondiale che ne influenzarono parzialmente lo svolgimento.Una svolta alla conquista italiana venne con l’avvento del fascismo, che mirava a conquistare tutto il territorio libico, queste conquiste si completarono nel 1924 e nel 1927.
Riconquistata la Libia il neo Governatore Italo Balbo dispose la colonizzazione demografica del Paese.
Sulla colonizzazione in Libia il Governatore Balbo disse:
“La Libia non è soltanto costa mediterranea, è l’Impero. Tutto il sistema a cui è affidata la sorte dell’Italia d’oltremare, ha come perno la Libia. Bisogna sfatare lo slogan tipicamente anticolonialistico della Libia scatolone di sabbia”.
Balbo aveva il suo programma:
La Libia doveva essere la quarta sponda del paese, una sorta di estensione della penisola, ecco perché la colonia andava valorizzata.
La sistemazione delle terre, la scoperta dei beni del sottosuolo, del petrolio soprattutto, avrebbe coronato il programma ideato da Balbo.
Mussolini stesso invitò il Presidente dell’AGIP a contattare Balbo per procedere alla ricerche petrolifere in Libia nella zona di Tripoli, l’Agip sbarcò così in Libia facendosi precedere da una Commissione di scienziati composta da Ardito Desio.
Le ricerche del petrolio in Libia aveva ormai preso speditamente il via.
Così anno per anno il grande scatolone di sabbia di nittiana memoria svelava i suoi segreti, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale impedì che le esplorazioni e ogni attività proseguissero.
Le ricerche sarebbero rimaste ferme sino agli anni ’50, quando le esplorazioni delle grandi Compagnie avrebbero dato alla luce il giacimento della Sirte.

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5 INTESTAZIONE LIBIA: “LO SCATOLONE DI SABBIA” 1911- La conquista della Libia fu accompagnata dal consenso della grande maggioranza delle forze politiche e della popolazione, esaltata dai nazionalisti, da Gabriele D’Annunzio, dai futuristi e dal socialista umanitario Giovanni Pascoli. Non mancarono però le voci contrarie, anche se soffocate dal coro dei fautori dell’impresa, suscitate da diversi motivi, ma sostanzialmente contrarie sia alla guerra coloniale in sé, sia alla conquista di un territorio che nella realtà non risultava corrispondente alle descrizioni fatte dai sostenitori dell’impresa, perché privo di ricchezze e risorse naturali. 1912- In Tripolitania, in occasione della trivellazione di un pozzo artesiano presso Sidi el Mesri, i cui lavori, iniziati nel novembre 1912, furono sospesi nel novembre 1917, vennero constatate in forma discontinua tracce copiose di idrocarburi tra i 240 e 380 metri di profondità. 1923-Il Ministro delle Colonie Luigi Federzoni inviava a Mussolini un’importante relazione in cui faceva il punto sulla ricerca mineraria

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Informazioni tesi

  Autore: Gianfranco Pecoraro
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Anna Villa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 96

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