Islam e democrazia. Potenzialità di sviluppo democratico in Egitto, Indonesia, Iran e Turchia.
La ricerca ha l’obiettivo di analizzare le potenzialità di sviluppo democratico (PSD) in quattro grandi paesi islamici, Egitto, Indonesia, Iran e Turchia, mediante l’uso di una griglia di 25 indicatori di natura politica, socio-economica e storico-culturale, allo scopo di vagliare l'incidenza relativa del fattore religioso. La finalità è quella di verificare quali tra questi indicatori risultino ostacolare effettivamente le PSD nei casi analizzati e comparare quindi i risultati di ogni caso.
Dai risultati della ricerca emerge che, a tutto il 2005, i fattori prettamente religiosi (in termini di efficacia culturale e non legale) non si rilevano tra quelli che limitano le PSD dei casi studiati. Eppure dalla ricerca si evince come il sentimento religioso costituisca il principale strumento di mobilitazione collettiva, sfruttato sia dai regimi politici, sia dai movimenti di opposizione ad essi.
Dall’analisi degli indicatori storico-culturali e delle ideologie politiche islamiste si può desumere che si sia spesso verificata, sul piano politico, una ibridazione dell’Islam tradizionale con ideologie antioccidentali (o talvolta occidentalizzate ma anticapitalistiche, socialiste o reazionarie) che, se da un lato hanno creato quelle ideologie fondamentaliste mostratesi al contempo sufficientemente moderne e popolari da saper ottenere ampi consensi nelle società musulmane, dall’altro, tuttavia, non hanno finito per permeare la struttura dogmatica della fede islamica così come tramandata dalle élites tradizionali. Ciò significa che l’Islam non è stato modificato dall’islamismo modernista, ma certamente la diffusione di quest’ultimo può rappresentare un pericolo per le PSD se accompagnato da un diffuso consenso intorno a pratiche violente e antidemocratiche.
Le evidenze empiriche (e le stesse dichiarazioni dei padri del fondamentalismo islamico, i Fratelli Musulmani), tuttavia, sembrano mettere in luce come il valore “democrazia” (anche nei suoi aspetti di sistema politico fondato su modelli di tolleranza) sia ormai entrato a far parte del bagaglio assiologico delle popolazioni islamiche (alcuni ritengono tale valore insito nella stessa dottrina islamica, ma questo dato ha una rilevanza più filosofica che sociologica), nonostante un diffuso antioccidentalismo che facilita simpatie verso l’immagine dell’islamismo eversivo.
Il maggior limite culturale alle PSD sembra invece la tradizionale segregazione femminile, fenomeno non direttamente riconducibile alla religione islamica, ma si ricollega a tradizioni locali, spesso di origine preislamica. Sicuramente, il problema, molto grave anche in Turchia, richiede urgenti e adeguate politiche pubbliche a lungo termine.
Infine, si può concludere che la religione islamica (cioè la dottrina e la fede islamica in quanto tale) non costituisca in nessuno dei casi analizzati un limite alle potenzialità di sviluppo democratico, ma piuttosto un grande fattore di mobilitazione culturale, oggetto di facile manipolazione da parte di governi e opposizioni, élites democratiche e antidemocratiche… mentre altri sono i veri ostacoli alla democrazia più o meno comuni ai quattro casi in esame, e rispecchiano dinamiche di cattiva gestione del potere politico da parte di élites autointeressate in presenza di corruzione e malgoverno, e di un controllo spesso paranoico sulla libertà d’impresa (quindi sulla libertà individuale e collettiva tout court) e un uso arbitrario della violenza di Stato volte a contenere o impedire quei fenomeni di potenziale accountability democratica (soprattutto in Egitto e Iran) così pericolosi per l’attuale sta-tus quo.
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Pavani |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Trento |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Vincent Della Sala |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 295 |
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