Tre riletture del pensiero di Spinoza nella filosofia contemporanea: G. Deleuze, A. Negri, E. Balibar
La presente ricerca si pone l'obiettivo di analizzare tre delle più importanti e significative riletture del pensiero di Spinoza.
Per Negri, Deleuze e Balibar rileggere Spinoza, non vuol dire rendere omaggio ad un pensatore che ha segnato la loro formazione culturale e umana, quanto tentare di rispondere a quell'interrogativo del presente che continua ad esprimere un'unica e drammatica sentenza:: nella modernità il potere come essenza dell’essere ha avuto il sopravvento sulla potenza come espressione della collettività sociale.
Innanzitutto bisogna specificare il contesto storiografico a cui appartengono queste importanti riletture spinoziane. Senza dubbio sarebbe impossibile o, quanto meno improbabile, rintracciare un’omogeneità interpretativa tra questi tre autori se non si mostrasse il terreno comune da cui si sono sviluppate le loro interpretazioni.
Spinoza risorge sul finire degli anni Sessanta come tentativo di superamento dell’eccesso dialettico in cui era caduto lo strutturalismo, uno sforzo compiuto soprattutto da due autori francesi: Deleuze e Matheron1. È il 1968 quando questi due autori pubblicano le loro opere su Spinoza. L’intento comune è quello di riaffermare l’estremismo radicale dell’immanenza contro la stasi dialettica in cui imperversava lo strutturalismo. Certo va chiarito che soltanto a partire dal terzo centenario della morte, celebrato nel 1977, si è ufficializzata la cosiddetta renaissance spinoziana, a cui ha contribuito moltissimo il lavoro interpretativo di Emilia Giancotti Boscherini.
Ma ritornando alla genesi di questa nuova interpretazione spinoziana, va detto che già Althusser e Foucault, da punti di vista eterogenei, avevano denunciato l’incapacità dell’interpretazione strutturalista di rileggere la storia e anche il marxismo. Per questi autori lo strutturalismo non era che una dialettica rovesciata, una visione impoverita della mondo, che ha cercato di analizzare l’intimo legame delle strutture sociali attraverso uno sterile gioco di rinvii e rispecchiamenti, espediente rivelatosi in seguito del tutto incapaci di cogliere le reali forze dinamiche dell’essere.
Ma perché Spinoza e soprattutto l’immanenza potevano salvare il pensiero dalla crisi dello strutturalismo?
La generazione post-rottura del ’68, che comprende autori quali Matheron, Deleuze, Balibar, Macherey, Moreau, si pone l’obiettivo di rifondare la critica marxista sul terreno della rivalutazione filosofica e soprattutto politica dell’immanenza spinoziana. Per questi autori Spinoza rappresenta lo strumento di dissoluzione del vecchio gioco dialettico che rischiava ormai di allontanare il marxismo dalla critica materialista contemporanea. L’immanenza rappresenta non solo il rovesciamento di qualsiasi discorso metafisico sulla trascendenza, ma soprattutto il piano ontologico su cui la singolarità materiale dell’essere può esprimersi come molteplicità di potenze soggettive. L’immanenza è il campo su cui la moltitudine si riappropria della vita, il terreno dove l’analisi marxista, mondata da ogni astrattezza dialettica, si ridistende sul tessuto ontologico.
Questa nuova generazione di lettori di Spinoza ha posto in evidenza non solo la forza eversiva dei concetti di conatus e cupiditas, ma soprattutto il ruolo sovversivo che l’immaginazione acquista nella filosofia spinoziana. Per questi autori sembra proprio che il materialismo immanentista di Spinoza si fondi unicamente su di un concetto di immaginazione antagonista alle concezioni della gnoseologia classica. L’immaginazione non è più un elemento debole dell’apparato conoscitivo, quello sensibile, ma il perno della conoscenza adeguata, la forza produttiva da cui scaturiscono tutte le diverse potenze successive.
La contemporaneità di Spinoza per questa nuova rilettura, in cui si inseriscono a pieno titolo Deleuze, Negri e Balibar, consiste principalmente nella sua ontologia positiva, in quel suo sistema filosofico che costruisce la teoria dell’immanenza come teoria materialista dei corpi e delle menti nella loro singolarità dinamica. Questo modo di rileggere Spinoza è intimamente legato alla forza politica che le sue concezioni sul diritto esprimono come rovesciamento dell’asse Hobbes-Hegel, come prassi ontologia e politica del progetto collettivo della singolarità.
In definitiva Deleuze, Negri e Balibar si inseriscono in un contesto filosofico di riscoperta spinoziana, iniziato sul finire degli anni Sessanta, che ha il suo centro sistematico nella costruzione di un materialismo per l’avvenire. Un materialismo che assume l’ontologia, l’etica e la politica come le espressioni molteplici di un univoco dispositivo di produzione dell’essere nel mondo.
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Informazioni tesi
Autore: | Rocco Di Fonzo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Francesco Fistetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 194 |
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