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L'immagine di Sparta nel pensiero umanistico dei secoli XV e XVI

La tesi ha come oggetto l'indagine sulla rilettura, riflessione e interpretazione delle fonti antiche che riguardano Sparta da parte degli eruditi e intellettuali dell'Umanesimo e del Rinascimento, nell'ambito del processo di riaffioramento dei testi della classicità durante i secoli XV e XVI. In particolare, sono prese in esame le due aree geografiche di irradiazione del sapere umanistico - l'Italia e la Francia - che più consistentemente ospitarono un'attività erudita volta al recupero del modello spartano e la riproposizione di una sua immagine attualizzata in chiave politica ed etica.
Il profilo politico-costituzionale di Sparta è quello che maggiormente suscita l'interesse degli umanisti e dei teorici rinascimentali, con capofila Niccolò Machiavelli, pensatori veneziani come Contarini e Paruta e il francese Jean Bodin, spesso definito l'"ideologo dell'assolutismo". Le prospettive e le conclusioni dei diversi interpreti del singolare regime spartano raramente concordano: esso alle volte è inserito nella categoria polibiana di stato "misto" e altre è considerato come perfettamente aristocratico oppure persino democratico, a dimostrazione dell'enigmaticità che ha da sempre avvolto tale città sin dai tempi antichi. Il ricorso a Sparta e alla sua immagine è stato anche strumentale tanto per finalità apologetiche quanto denigratorie da parte dei critici quattrocenteschi e cinquecenteschi.
Sebbene meno presente, anche l'aspetto etico-ideologico del sistema laconico, spesso in chiave utopistica, è emerso fra gli intellettuali dell'epoca: da una vaga e generica esaltazione della morale e dei costumi spartani da parte dell'umanista del '400 Francesco Filelfo, si giunge alla raffinata riflessione del pensatore francese Michel de Montaigne, che alla città greca dedica ampio spazio nella sua raccolta di Essais.
Il rapporto con le fonti greche è fondamentale: gli autori che si rivolsero a Polibio, Platone o Aristotele generalmente si concentrarono sulla realtà costituzionale della città-stato; coloro che invece preferirono le "Vite" di Plutarco - come Montaigne, che per sua dichiarazione amava moltissimo lo scrittore di Coronea - non furono quasi mai estranei a un discorso eticamente orientato.
In conclusione, la presente tesi ha tentato di raccogliere tali testimonianze, con l'obiettivo di ricostruire un percorso storico-letterario (i tempi e i modi della traduzione e divulgazione dei manoscritti greci è essenziale in questo contesto) che avesse al suo centro la ripresa, la trasformazione e l'influenza dell'immagine - o forse sarebbe meglio dire il "mito" - di Sparta nel pensiero umanistico dei secoli XV e XVI.

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Capitolo primo IL QUATTROCENTO E LA RISCOPERTA DI SPARTA 1. Sparta prima del XV secolo L’Occidente latino fu per lunghissimo tempo quasi ignaro di Sparta e della sua storia. Diciamo “quasi” perché, oltre a rare e sparse menzioni, in particolare di Cicerone e di Valerio Massimo 1 , circolava diffusamente l’epitome di Giustino (III-IV sec. d.C.) delle Storie filippiche di Pompeo Trogo, storico di età augustea. L’opera era una storia univer- sale che iniziava la narrazione a partire dagli Assiri e si concludeva con i fatti più recenti. I libri II-VI trattavano delle vicende nelle quali Sparta fu assoluta protagonista, cioè del periodo che occorre dalle guerre persiane fino all’egemonia tebana (non sarebbe del tutto avventato affermare che – lato sensu – a loro volta “compendiassero” Erodoto, Tucidide e Senofonte); in particolare il libro III si soffermava sulle origini mitiche e sul passato arcaico della città, con una digressione sulle sue istituzioni e sulla storia di Licurgo, il suo mitico legislatore. Nella sua epitome, destinata ad essere la fonte primaria del Medioevo sulla Grecia preromana, almeno fino alla metà del XIII secolo, Giustino riassume succin- tamente la costituzione spartana, con protagonista la figura di Licurgo 2 . Del suo racconto, fece particolarmente presa sull’immaginario degli eruditi medievali l’episodio del giura- mento contratto da questi con gli Spartani: esso imponeva che la città non avrebbe mutato le sue leggi fino a quando egli, in procinto di partire nuovamente per consultare l’oracolo di Delfi, non fosse tornato; una volta che l’oracolo ebbe lodato sue leggi, egli non fece 1 Per Cicerone v. soprattutto De legibus e De officiis; per quanto riguarda Valerio Massimo, v. libri III e IV . 2 V . Giust. Epit. III, 2-3.

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umanesimo
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rinascimentale
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