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Spazio e tempo nel teatro in prosa di Gabriele D'Annunzio. Il melograno infernale.

Due strutture hanno determinato le linee guida sulle quali è stata orientata e costruita la tesi: una struttura portante che ha avuto come nuclei originari la concezione dello spazio e del tempo nel teatro dannunziano, sostenuta al di sotto da un’altra struttura, latente, che ha completato la prima mettendola in relazione con il senso che D’Annunzio ha della terra e della natura.
Il tempo entra come soggetto indiretto, ma principale, del teatro dannunziano, per essere sconfitto nel suo potere sulla volontà umana; nelle tragedie di D’Annunzio, spesso, il passato secolare riemerge nel presente non come ricordo, ma con una forza tale da influenzare e dirigere gli eventi. E’ il caso della Città morta dove però, ottimisticamente, l’uomo ottiene la vittoria finale sul tempo alterandone quell’eredità o maledizione che nessuno nei secoli era riuscito a scavalcare. Oppure il tempo è sconfitto, o meglio ignorato, attraverso il rifiuto della storia, intesa sia come susseguirsi di avvenimenti politici (La Gloria) sia come storia personale superata nell’oblio dato dalla follia, nel Sogno d’un mattino di Primavera.
Questo attacco verso lo strapotere della categoria temporale ha una notevole importanza culturale, poichè non è un caso limitato al teatro dannunziano. Negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo e nei primi decenni del ‘900, si assiste in tutti i campi culturali ad una erosione del concetto di assoluto temporale (Nietzsche in campo filosofico, Ibsen, Maeterlinck, Wagner e successivamente Beckett in quello teatrale, Proust in letteratura, solo per citarne alcuni) che culminerà nella scoperta, scientifica questa volta, che classificherà il tempo come una forza esclusivamente relativa: sono questi i risultati a cui approdò la teoria della relatività di Einstein.
Lo spazio interviene nella analisi, prima portando il suo contributo alla tematica tempo (lo spazio assorbe gli eventi accaduti sul suo suolo, per riemetterli in un successivo momento) poi aprendo due nuove possibilità di analisi nel teatro dannunziano.
La prima possibilità entra nello specifico teatrale, considerando lo spazio che si materializza sulla scena; molta importanza è stata data alle potenzialità espressive del colore, a cui è stato dedicato un intero capitolo nel quale, ad una analisi degli effetti e delle impressioni contenuti in potenza nei colori che emergono dalle opere dannunziane, si associano riferimenti all’importanza che l’uso coloristico aveva in tutto il teatro europeo di quegli anni (Appia, Ricciardi, Fortuny…).
L’altra possibilità data dall’analisi dello spazio, introduce alla struttura latente a cui si accennava all’inizio e che serpeggia lungo tutto lo scritto, a volte emergendo in maniera decisa, altre rimanendo sotterranea. E’ quella struttura che giustifica il sottotitolo di Melograno infernale e che instaura un legame tra il tipo di spazio naturale, che determina l’ambientazione, ed i personaggi che sono ad esso fortissimamente legati. I personaggi protagonisti e spesso anche vittoriosi rivelano un profondo legame con l’elemento terra o con la natura, là dove è meno dominata dalla forza logica, geometrizzante dell’uomo. I giardini, le abitazioni sono il luogo della vita contingente, dove le persone conducono un’esistenza normale, ma i deserti sitibondi, la selva fittissima, la pianura libera e fitta di vegetazione sregolata, sono interdette ai personaggi legati al tempo storico, contrariamente sono i luoghi dove gli eroi e le eroine dannunziane prendono la loro forza a contatto con la forza più istintiva ed irrazionale della natura.

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I SPAZIO E TEMPO NEL TEATRO IN PROSA DI GABRIELE D’ANNUNZIO. IL MELOGRANO INFERNALE. INTRODUZIONE Due strutture hanno determinato le linee guida sulle quali è stata orientata e costruita la tesi: una struttura portante che ha avuto come nuclei originari la concezione dello spazio e del tempo nel teatro dannunziano, sostenuta al di sotto da un’altra struttura, latente, che ha completato la prima mettendola in relazione con il senso che D’Annunzio ha della terra e della natura. Il tempo entra come soggetto indiretto, ma principale, del teatro dannunziano, per essere sconfitto nel suo potere sulla volontà umana; nelle tragedie di D’Annunzio, spesso, il passato secolare riemerge nel presente non come ricordo, ma con una forza tale da influenzare e dirigere gli eventi. E’ il caso della Città morta dove però, ottimisticamente, l’uomo ottiene la vittoria finale sul tempo alterandone quell’eredità o maledizione che nessuno nei secoli era riuscito a scavalcare. Oppure il tempo è sconfitto, o meglio ignorato, attraverso il rifiuto della storia, intesa sia come susseguirsi di avvenimenti politici (La Gloria) sia come storia personale superata nell’oblio dato dalla follia, nel Sogno d’un mattino di Primavera. Questo attacco verso lo strapotere della categoria temporale ha una notevole importanza culturale, poiché non è un caso limitato al teatro dannunziano. Negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo e nei primi decenni del ‘900, si assiste in tutti i campi culturali ad una erosione del concetto di assoluto temporale (Nietzsche in campo

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Benedetti
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Luigi Allegri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 160

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