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Realismo e Ontologia della Dark Matter nella ricerca contemporanea

Tramite l’analisi delle prove con cui il mondo scientifico ritiene di aver provato l’esistenza della materia oscura e delle principali vie seguite per cercare di capire di cosa sia fatta, si cercherà di mostrare come ci si possa affidare ad un buon grado di realismo sulla sua esistenza, non un realismo ingenuo, ma piuttosto una via intermedia tra quello che è lo stretto realismo e l’antirealismo, mostrando come anche nell’ambito della ricerca della materia oscura il realismo prospettico sembra fornirci una prova della realtà di quello che i fisici dichiarano di aver trovato. Ed è proprio questo il motivo per cui tanta ricerca oggi è incentrata sulla dark matter e tante risorse, economiche e umane, sono dedicate al suo studio.

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2 Introduzione La storia della scienza testimonia che la scoperta di alcuni ‘oggetti ’, e quindi la prova della loro esistenza, è avvenuta per osservazione diretta (pensiamo all’osservazione di Galileo dei satelliti di Giove), mentre in altri casi l’ipotesi teorica circa la realtà di nuove entità ha preceduto la loro diretta osservazione (pensiamo all’ipotesi atomica) e la ricerca sperimentale è stata diretta alla giustificazione dell’ipotesi proposta. Nel caso della materia oscura scoperta e giustificazione vanno di pari passo, le prove sperimentali nel loro insieme sono al tempo stesso scoperta e giustificazione della stessa. Da tempo è stata spazzata via l’idea che tutto ciò che vediamo sia tutto ciò che esiste. Il nostro vedere, sia esso effettuato ad occhio nudo o con strumenti esterni che potenziano la nostra capacità visiva, nel piccolo e nel grande, prova l’esistenza di ciò che si osserva, ma non prova la non esistenza di ciò che non è visto. L’esistente non si limita a tutto ciò che siamo in grado di vedere in un dato momento storico utilizzando la migliore strumentazione, ma può arricchirsi in seguito grazie a degli occhi migliori, ad una più precisa o tecnicamente nuova strumentazione. Sappiamo, inoltre, che il metodo che gli scienziati utilizzano per vedere un oggetto ha a che fare con le radiazioni elettromagnetiche che esso scambia con la strumentazione: per vederlo dobbiamo o illuminarlo con una opportuna radiazione (come nel caso degli atomi) o osservare la radiazione che emette (come nel caso di oggetti molto lontani come le stelle). Al tempo stesso le osservazioni vanno interpretate all’interno di un quadro teorico e quindi la conoscenza che abbiamo è sempre da un punto di vista. L’analisi di dati cosmologici degli ultimi 50 anni porta a pensare che la maggior parte della materia esistente starebbe ben nascosta alla nostra vista e noi vedremmo solo la punta dell’iceberg dell’esistente. Vi è materia ordinaria che ancora non si è resa visibile perché la tecnologia adeguata non è stata ancora sviluppata? Questo era quanto si pensava fino agli anni ’70, ma la ricerca contemporanea fornisce prove che la materia nascosta non può essere barionica, ossia materia ordinaria. Il problema potrebbe essere risolto continuando a sondare la parte di mondo che non si vede con altri metodi di indagine perché la materia esotica potrebbe manifestare la sua presenza in un modo diverso dall’essere vista. In effetti, non sono mancate negli ultimi 50 anni ripetute testimonianze indirette della sua esistenza anche se la sua osservazione diretta sembra essere un percorso irto di difficoltà.

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Informazioni tesi

  Autore: Camilla Cervi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia e storia della scienza
  Relatore: Lorenzo Magnani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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Parole chiave

cosmologia
realismo
galassie
dark matter
materia oscura
mond
realismo prospettico
bullet cluster
nuova fisica
assioni

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