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Pier Paolo Pasolini tra il Friuli e Roma negli anni 1945-1960

Pier Paolo Pasolini ha pubblicato tra il 1945 e il 1960 numerosi racconti su quotidiani e riviste, in alcuni casi con pseudonimi (San Pieri, Erasmo Colùs, Paolo Amari), senza mai raccoglierli in volume. Nell’edizione di Arnoldo Mondadori curata da Walter Siti de I meridiani, del 1998, queste pagine sono riunite sotto il titolo Racconti, abbozzi e pagine autobiografiche, nel volume Pier Paolo Pasolini. Romanzi e racconti. Volume primo. 1946- 1961.
Questi testi accompagnano quello che si può definire il percorso biografico dell’autore. I primi risalgono, infatti, agli anni che Pasolini trascorse a Casarsa, in Friuli, in quello che era stato negli anni della scuola, prima, dell’università, poi, il luogo delle sue vacanze estive. In queste pagine è evidente la passione con la quale vengono descritti il paese contadino, coi suoi paesaggi, i suoi abitanti, il suo dialetto: una passione che è propria di chi ama il Friuli, per le sue tradizioni, la sua arcaicità, sentendosene però irrimediabilmente escluso. Questo è ciò che ho cercato di mettere in luce nella mia analisi. Una volta trasferitosi a Roma, nel 1949, i primi racconti vivono ancora di questo Friuli: in alcuni casi si tratta di memorie, in altri di testi cominciati in Friuli e ripresi e rielaborati nella capitale. Quindi la città di Roma diviene protagonista delle pagine dell’autore, che descrivono, spesso con punte di lirismo, da una parte le notti vissute nella città (la notte sarà sempre il momento preferito per i vagabondaggi di Pasolini, di cui leggiamo anche nei racconti più tardi), dall’altra gli abitanti: non i borghesi “benpensanti”, non sono questi a cui guarda l’autore. Egli cerca, anche in una grande città come Roma, quella semplicità, quella vitalità, quella vita fuori dal tempo, lontana dalla società moderna, che aveva amato in Friuli. E la trova nelle periferie, nelle borgate, nate dagli sventramenti fascisti, come sottolinea analizzando storicamente il fenomeno, e nei “malandrini” che ci vivono. E anche qui, come in Friuli, il paesaggio e il dialetto diventano determinanti del carattere degli individui: il paesaggio è quello dei vicoli fangosi e delle baracche, il dialetto è il romanesco. Le ultime sono pagine di diario. Pasolini si è inserito nel mondo intellettuale di Roma e si trova alle prese con successi e insuccessi, e con le prime sceneggiature per il cinema.
Nel presente lavoro ho fatto riferimento anche alle opere più importanti, o che ho ritenuto tali, in vista della mia analisi, che Pasolini andava scrivendo e pubblicando in quegli anni.
Ho citato le prime raccolte di poesia: la dialettale Poesie a Casarsa e L’Usignolo della Chiesa Cattolica, in lingua; il romanzo friulano Il sogno di una cosa e l’incompiuto Amado mio; il ciclo di racconti I parlanti; le pagine romane di Alì dagli occhi azzurri e il romanzo Ragazzi di vita.
Per tutte le informazioni bibliografiche ed editoriali, in particolare riguardo alle cartelle che conservano i testi, mi sono sempre riferita alle Note e notizie sui testi dei volumi de I meridiani, (si veda la Nota bibliografica).
Non tutti i racconti raccolti sotto il titolo Racconti, abbozzi e pagine autobiografiche ne I meridiani sono stati da me analizzati nel presente lavoro e le motivazioni dell’esclusione sono di ordine tematico.

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3 INTRODUZIONE Pier Paolo Pasolini ha pubblicato tra il 1945 e il 1960 numerosi racconti su quotidiani e riviste, in alcuni casi con pseudonimi (San Pieri, Erasmo Colùs, Paolo Amari), senza mai raccoglierli in volume. Nell’edizione di Arnoldo Mondadori curata da Walter Siti de I meridiani, del 1998, queste pagine sono riunite sotto il titolo Racconti, abbozzi e pagine autobiografiche, nel volume Pier Paolo Pasolini. Romanzi e racconti. Volume primo. 1946- 1961. Questi testi accompagnano quello che si può definire il percorso biografico dell’autore. I primi risalgono, infatti, agli anni che Pasolini trascorse a Casarsa, in Friuli, in quello che era stato negli anni della scuola, prima, dell’università, poi, il luogo delle sue vacanze estive. In queste pagine è evidente la passione con la quale vengono descritti il paese contadino, coi suoi paesaggi, i suoi abitanti, il suo dialetto: una passione che è propria di chi ama il Friuli, per le sue tradizioni, la sua arcaicità, sentendosene però irrimediabilmente escluso. Questo è ciò che ho cercato di mettere in luce nella mia analisi. Una volta trasferitosi a Roma, nel 1949, i primi racconti vivono ancora di questo Friuli: in alcuni casi si tratta di memorie, in altri di testi cominciati in Friuli e ripresi e rielaborati nella capitale. Quindi la città di Roma diviene protagonista delle pagine dell’autore, che descrivono, spesso con punte di lirismo, da una parte le notti vissute nella città (la notte sarà sempre il momento preferito per i vagabondaggi di Pasolini, di cui leggiamo anche nei racconti più tardi), dall’altra gli abitanti: non i borghesi “benpensanti”, non sono questi a cui guarda l’autore. Egli cerca, anche in una grande città come Roma, quella semplicità, quella vitalità, quella vita fuori dal tempo, lontana dalla società moderna, che aveva amato in Friuli. E la trova nelle periferie, nelle borgate, nate dagli sventramenti fascisti, come sottolinea analizzando storicamente il fenomeno, e nei “malandrini” che ci vivono. E anche qui, come in Friuli, il paesaggio e il dialetto diventano determinanti del carattere degli individui: il paesaggio è quello dei vicoli fangosi e delle baracche, il dialetto è il romanesco. Le ultime sono pagine di diario. Pasolini si è inserito nel mondo intellettuale di Roma e si trova alle prese con successi e insuccessi, e con le prime sceneggiature per il cinema. Nel presente lavoro ho fatto riferimento anche alle opere più importanti, o che ho ritenuto tali, in vista della mia analisi, che Pasolini andava scrivendo e pubblicando in quegli anni.

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