La videodanza: il coreografo elettronico
Questo lavoro ha per oggetto la “videodanza”, un nuovo genere spettacolare nato negli Usa e in Europa a partire dagli anni ’70, ossia da quando iniziarono a rendersi disponibili le prime videocamere ad uso privato. La videodanza (intesa come “danza in video”) è un esempio lampante della trasformazione che si è avuta in Italia intorno agli anni ’50, grazie alla quale si assiste ad una contaminazione tra i diversi linguaggi che porta alla dissoluzione dei generi; anche antichissime forme di comunicazione come il teatro o la danza vengono “disturbate” da nuovi sistemi di riproducibilità tecnica.
Inizialmente ho analizzato i vari tipi di comunicazione con riferimento ai principali segnali non verbali usati dall’uomo. La “comunicazione non verbale” è quel complesso di segnali, gesti, movimenti del corpo, espressioni del volto, direzione dello sguardo, vicinanza e posizione spaziale, contatto corporeo, toni di voce ed altri aspetti non verbali del discorso.
“L’individuo può smettere di parlare, ma non può smettere di comunicare attraverso il corpo” (Goffman), e la danza ne è un esempio. Nella seconda parte di questo lavoro ho analizzato la danza come una sofisticata forma d’arte in grado di esprimere pensieri e sentimenti umani attraverso il corpo inteso come strumento, in diversi generi e culture; dal 1968 in poi iniziano a diffondersi pratiche che vanno sotto il nome di espressione corporea e che contengono nelle proprie radici elementi comuni con tutte le forme di rottura artistica e di rinnovamento della maggior parte delle arti del Novecento. Fu così che si diffuse la danza moderna, la danza libera, che rivendicava l’espressività del corpo contro l’accademismo del balletto classico; Walter Benjamin, che aveva già affermato l’impossibilità di stabilire una distanza tra arte e tecnica, nell’epoca della riproducibilità, teorizzava la loro inevitabile contaminazione e la reciproca compenetrazione, che rende impossibile distinguere tra il valore artistico e quello tecnologico. Come tutte le forme d’arte, allora, anche la danza ha dovuto “ambientarsi” al digitale e alle enormi potenzialità di questo nuovo codice che permette varie stratificazioni sonore e visive. Nasce, quindi, la videodanza che ha permesso di sperimentare svariate gamme di interazione dei due linguaggi, proponendosi come una reale fusione creativa di entrambi, come ricerca di una nuova forma d’arte visiva in cui i corpi in movimento vengono rimodellati dai mille sguardi della fantasia tecnologica. Per la danza il video costituisce una via di liberazione dai vincoli che corpo, tempo e spazi reali impongono alla creatività; è un modo di uscire, alla luce dello schermo, non solo dall’ambiente fisso del palcoscenico, ma anche dalla strada, dal garage, dal “luogo alternativo” delle performances post-moderne, per entrare in un luogo non fisico e immateriale quale è lo schermo, e per esplorare altri spazi, altri tempi, altri suoni, altri gesti, liberati dalle limitazioni degli ambienti reali.
Nella terza ed ultima parte del mio lavoro ho affrontato l’argomento considerando il caso italiano e nello specifico l’importantissimo concorso internazionale “Il Coreografo elettronico”. Esso nasce nel 1991 grazie all’Associazione Napoli Danza, fondata da Marilena Riccio, e da quel momento in poi cresce in maniera esponenziale arrivando a contare nel 2006, la quattordicesima edizione, centotrenta video in concorso provenienti da tutto il mondo. Il concorso si svolge ogni anno a Napoli e il suo scopo primario è quello di offrire agli operatori del settore l’opportunità di avere come referente per le loro opere una giuria internazionale. Apprezzato a livello internazionale, esso ha contribuito allo sviluppo di questo genere nel nostro paese, grazie anche alle componenti di interazione tra musica, video, danza, coreografia, regia e scrittura. Il risultato finale è una combinazione spesso perfetta di passi e di linee, di fronte alla quale l’obiettivo della telecamera abbandona il suo ruolo tradizionale, ossia l’occhio che cattura immagini per diventarne parte attiva; la camera si trasforma in un elemento della coreografia, così come la coreografia diventa a sua volta lo script del film che il regista cinematografico sta realizzando. Da questa fusione nascono incontri stimolanti tra “pianeti” distanti anni luce, ma soprattutto collaborazioni artistiche straordinarie per impatto visivo ed emotivo.
In conclusione posso dire che la danza, così come l’arte figurativa, il teatro, la musica, lo spot pubblicitario, il momento della progettazione e della memoria documentaria hanno ormai acquisito ineluttabilmente la tecnica formale ed il potenziale illimitato di sviluppo anche stilistico offerti dal video e dal computer.
La nuova arte che ne deriva tende vertiginosamente ad allargare i propri confini, ad accelerare oltre il pensabile i processi comunicativi a marcare tutte le possibili interazioni fra gli individui e fra gli individui stessi e il mondo.
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Informazioni tesi
Autore: | Maria Rita Baio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Guelfo Tozzi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 89 |
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