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''Paura e Potere'' Controllo Sociale e Paradigmi Sicuritari nell'era del Terrore Globale

Alla luce dell'interesse sempre maggiore che negli ultimi anni si è dato, e si continua a dare, al tema della “sicurezza”, questo lavoro intende compiere un breve viaggio attraverso il sentimento della paura, gli intrecci di esso con il potere politico e istituzionale e le conseguenze che a livello territoriale e globale tale commistione genera. Analizzando, se pur in minima parte, un tema così vasto, si cercherà di capire se esiste ancora un limite che tuteli i diritti e le libertà degli individui, o se tale limite sia stato da diverso tempo travalicato dal "corto-circuito" tra paura e adesione, dall'affermazione del plebiscitarismo e del populismo mediatico che l'impianto dei pubblici poteri è venuto nel complesso assumendo, a scapito dei meccanismi di controllo democratico, di rappresentanza parlamentare e di partecipazione politica che invece dovrebbero caratterizzare le società occidentali di oggi. È legittima la priorità che i “policy maker” assegnano al tema della “sicurezza”?
È possibile che la diffusione di “politiche della sicurezza” e di uno “stato di guerra a bassa intensità” ma permanente fungano come strumento per organizzare il consenso, marcare l'identità e mantenere il controllo sociale?
Viviamo davvero nell'età del “terrore globale”? Saranno queste le domande che accompagneranno il mio lavoro nel suo svolgimento, domande alle quali non si presume saccentemente di poter dare risposta, ma che fungeranno da “paletti”, “capisaldi” attorno ai quali si articolerà la mia analisi.

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1 I IN NT TR RO OD DU UZ ZI IO ON NE E “ “O Or rm ma ai i n no on n s si ia am mo o p pi iù ù s si ic cu ur ri i d da a n ne es ss su un na a p pa ar rt te e ” ” “Credevo di essere al sicuro qui, ma ormai non siamo più sicuri da nessuna parte” (Tg1, 22/07/2011). La frase pronunciata da un testimone sopravvissuto agli attentati in Norvegia del luglio 2011 risuona emblematica per la mia tesi. Numerosi sono indubbiamente stati negli ultimi anni gli avvenimenti tragici che hanno sconvolto e turbato l'umanità intera, primo fra tutti l'attentato terroristico alle Twin Towers di New York, l'11 settembre 2001. Dopo l'11 settembre si è detto: "il mondo è cambiato", afferma Roberto Escobar, docente di Filosofia Politica e Analisi del linguaggio politico all'Università degli Studi di Milano, in un'intervista realizzata dal programma televisivo Il Grillo in onda su Rai Educational il 9 aprile 2002. E proprio questa data viene segnalata da esperti e studiosi come l'inizio di una nuova epoca per l'umanità, un'era segnata «dall'angosciante sensazione di sentirsi vulnerabili, esposti all'azione di un nemico che può trasformare la nostra quotidianità in tragedia» (Roberto Escobar, 2002). Sembra oggi riaccendersi un sentimento arcaico, che ha alimentato la vita dei popoli fin dall'antichità: la paura dell'altro, dell'ignoto, del “diverso da noi”, di quella che Escobar chiama “contaminazione”, ossia la paura dell'invasione da parte dell'esterno, di ciò che non conosciamo, dei nostri confini, del limite che abbiamo posto nel nostro immaginario collettivo-culturale tra “noi” e “gli altri”. Per affrontare l'analisi che questo lavoro propone è utile operare un breve chiarimento sui concetti fondamentali che verranno qui di seguito trattati: per “paura” si intende qui il sentimento diffuso di insicurezza e di minaccia al proprio benessere fisico-materiale e alla propria identità soggettiva e sociale percepito dagli individui. Dunque i termini “paura” e “insicurezza” verranno accostati ad un senso comune. Con il termine “potere”, invece, si vuole fare riferimento al senso istituzionale, ossia come potere organizzato all'interno di istituzioni formali e legittimate alla gestione del controllo sociale. Sarà quindi interessante analizzare brevemente la genesi del potere politico, partendo dal presupposto fondamentale scaturito dagli studi svolti

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