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La costruzione del consenso. Il legame indissolubile tra la folla, il potere e il leader

Prendendo largo spunto dal testo “Psicologia delle folle” del 1895 di Gustave Le Bon e del saggio “La ribellione delle masse” del 1930 di Josè Ortega y Gasset, la tesi propone di compiere una meticolosa analisi della società, intesa sociologicamente come massa, in un’Europa moderna e industrializzata, di una figura politica autarchica e del loro stretto rapporto di potere. In particolare, si cercherà di concepire i meccanismi sociali, psicologici, politici e comunicativi con i quali un leader riesce ad ottenere il pieno consenso da parte di una massa.
L’azione che tende a impossessarsi del favore o dell’adesione di un pubblico sempre più vasto mediante ogni mezzo idoneo a influire sulla psicologia collettiva e sul comportamento delle masse è sostanzialmente riconducibile sotto il termine propaganda; questa può divenire venefica nel momento in cui è accompagnata dalla manipolazione (la pressione psicologica esercitata sui punti deboli della vittima attraverso l’inganno) e dalla disinformazione (la diffusione di nozioni salde e fuorvianti). Osserveremo più da vicino come funziona una sorta di diabolica macchina del consenso che, grazie essenzialmente al linguaggio, fa leva sulla paura e sulla minaccia per persuadere le persone.
Persuadere è una pratica fondamentalmente gentile e generalmente consiste nel convincere qualcuno a fare qualcosa, o meglio a decidere di farla senza obbligarlo con la forza. La persuasione fa capo alla retorica: l’arte antichissima di formulare discorsi convincenti, che nasce nel 465 a.C. quando, nella colonia di Siracusa terminò la tirannia di Trasibulo che insieme ai suoi fratelli Gelone e Gerone I si erano resi protagonisti di massicci espropri di terreni provocando l’ira di molti cittadini di Siracusa; quest’ultimi decisero di far valere i propri diritti in tribunale ricorrendo all’arma della parola. In questo contesto, il primo a dare lezioni di eloquenza sembra fosse il filosofo Empedocle di Agrigento, imitato dai suoi allievi siracusani Corace e Tisia che scrissero il primo manuale di retorica. Le regole di quest’arte verranno in seguito arricchite, definite meglio e formalizzate da Aristotele, da Cicerone e molti altri. È Cicerone a scrivere che il bravo oratore deve saper docere, probare, delectare, movere e flectere per emozionare e convincere coloro che ascoltano.
La retorica nasce quindi con l’obiettivo di difendere i cittadini e non di danneggiarli. Tutti noi anche senza aver letto Cicerone o senza essere degli avvocati ricorriamo alla retorica, alla persuasione per influenzare qualcuno: il venditore che colloca sul mercato il proprio prodotto elencandone i vantaggi all’acquirente, il medico che esorta il paziente a mangiare più sano, anche l’innamorato che cerca il perdono della sua amata. La comunicazione persuasiva fa parte del nostro essere individui che si mettono in relazione tra loro negoziando e interagendo.
Ma se la persuasione esiste da tempo immemorabile, il termine propaganda invece, è relativamente più recente. Nasce nel 1622 quando papa Gregorio XV con la bolla Inscrutabili divinae providentiae istituisce la Sacra congregazione de propaganda fide per combattere la riforma protestante e diffondere la religione cattolica tra gli infedeli, gli eretici e nei paesi non cattolici. Successivamente, la propaganda si affinerà durante il periodo dei due conflitti mondiali con l’ascesa al potere di Adolf Hitler, Benito Mussolini, Iosif Stalin e segnerà anche il periodo della guerra fredda. Ed è durante questi avvenimenti storici che la propaganda si è resa ideologica e imperativa, adagiandosi su emozioni forti e indomabili come la rabbia e la paura, usando registri linguistici intensi, concitati, aggressivi e minacciosi verso il pubblico. Per tenere in piedi le proprie argomentazioni, la propaganda deve avere un nemico e se questo non esiste lo crea dal nulla, calunniando e disinformando, mentendo e manipolando, fino a quando il nemico non appare reale e pericoloso. Dopo di che la propaganda ordina ad una massa indistinta di omologarsi aderendo ad un’ideologia, senza lasciare posto ad alcun tipo di senso critico e minacciando sanzioni a coloro che si rifiutano di conformarsi.

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7 Capitolo 1 La folla 1.1 L’epoca della folla L’epoca della folla inizia sostanzialmente circa nei primi anni del XX secolo in Occidente, principalmente in Europa, in cui la struttura sociale e le distinzioni di classe erano ancora fortemente rigide. Importanti fenomeni di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione segnano la fine della società tradizionale e fanno emergere nuovi soggetti e dinamiche che mettono completamente in discussione la realtà fino a quel momento. La popolazione aumenta grazie ai nuovi progressi in campo medico e scientifico (la lotta alle epidemie registra un successo dopo l’altro, mentre si moltiplicano le cure per combattere le malattie batteriche) e grazie anche a nuove misure igieniche che contribuiscono al sensibile calo dell’indice di mortalità e di conseguenza all’innalzamento dell’aspettativa media di vita. Sorgono grandi imprese industriali che stravolgono il sistema economico e i ruoli di produzione adottati fino a quel momento; esse sono infatti in grado di produrre enormi quantità di merci destinate ad un consumo di massa, si

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