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Heidegger e l'abitare poetico

I discepoli di Heidegger sono soliti dire che il pensiero di questo pensatore è «paralizzante»: invita ad esser ripetuto. Anche noi siamo stati catturati dai sentieri heideggeriani e, accogliendo l’invito, ci siamo addentrati nel «bosco» con la speranza di trovare, alla sua frescura, la pace dell’abitare. I sentieri del pensiero si percorrono domandando. Noi abbiamo ripetuto la domanda: che cosa significa «abitare»? (Cor)rispondendo, abbiamo sentito l’eco di un’altra domanda: c’è una via che conduce a un abitare «poetico» dell’uomo? Nella ricerca ci è parso di scorgere un passaggio angusto, sull’orlo dell’abisso, che ci ha svelato il senso del ripercorrere i cammini. Il lavoro può essere distinto in due parti, corrispondenti alle due domande. Nella prima ripercorriamo il cammino dell’abitare soffermandoci in particolare sull’essenza delle cose e sulla questione della tecnica. Il capitolo «Jäh vermutlich...» è il punto di svolta del lavoro e ci costringe a fare un passo indietro al «primo» Heidegger. Ci invita, cioè, alla rilettura di Sein und Zeit. Questo manuale della filosofia contemporanea occupa quasi tutta la seconda parte del nostro scritto perché racchiude in sé una parola ancora inaudita. Se per un verso la parola è inaudita perché fraintesa (nell’interpretazione di Zeug come «mezzo per...» invece che come l’originario «pragmata»), per l’altro essa è inaudita perché «obliata», quasi, dallo stesso Heidegger. Ciò che è obliato è la Vorlaufende Entschlossenheit, «l’angoscioso e tacito autoprogettarsi nel più proprio esser (nullo) fondamento di una nullità». È questa la via, l’«ideale dell’esserci», che porta all’abitare poetico dell’uomo e alla Cura autentica. La nostra interpretazione di «Jäh vermutlich» (il mondo mondeggerà «probabilmente in modo repentino», cioè nella «risolutezza precorritrice») ci sembra trovare conferma nella poesia di Trakl, raccolta in Unterwegs zur Sprache, di cui ci occupiamo verso la fine del lavoro, che, dopo la pubblicazione dei primissimi scritti heideggeriani, può anche essere letto come ripetizione di quello che a noi appare come un programmatico "uno-due" (Allerseelenstimmungen, Per mortem ad vitam) del ventenne Dichterphilosoph. "Herkunft aber bleibt stets Zukunft"...

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5 Avvertenza I discepoli di Heidegger sono soliti dire che il pensiero di questo pensatore è paralizzante: invita ad esser ripetuto. Anche noi siamo stati catturati dai sen- tieri heideggeriani e, accogliendo l’invito, ci siamo addentrati nel «bosco» con la speranza di trovare, alla sua frescura, la pace dell’abitare. I sentieri del pensiero si percorrono domandando. Noi abbiamo ripetuto la domanda: che cosa significa «abitare»? (Cor)rispondendo, abbiamo sentito l’eco di un’altra domanda: c’è una via che conduce a un abitare «poetico» dell’uomo? Nella ricerca ci è parso di scorgere un passaggio angusto, sull’orlo dell’abisso, che ci ha svelato il senso del ripercorrere i cammini. Il lavoro può essere distinto in due parti, corrispondenti alle due domande. Nella prima ripercorriamo il cammino dell’abitare soffermandoci in particolare sull’«essenza» delle cose e sulla questione della tecnica. Il capitolo «Jäh ver- mutlich...» è il punto di «svolta» del lavoro e ci costringe a fare un passo indie- tro al «primo Heidegger». Ci invita, cioè, alla rilettura di Sein und Zeit. Questo «manuale» della filosofia contemporanea occupa quasi tutta la seconda parte del nostro lavoro perché racchiude in sé una parola ancora inaudita. Se per un verso la parola è inaudita perché fraintesa (nell’interpretazione di Zeug come «mezzo per...» invece che come l’originario πραγµατα), per l’altro essa è i- naudita perché «obliata» dallo stesso Heidegger. Ciò che è obliato è la Vorlau- fende Entschlossenheit, la «risolutezza precorritrice», e cioè «l’angoscioso e tacito autoprogettarsi nel più proprio esser (nullo) fondamento di una nullità». È questa la via, l’«ideale dell’esserci», che porta all’abitare poetico dell’uomo e alla Cura autentica. Certo, il «secondo» Heidegger non dimentica la morte. Anzi, dice che «bi- sogna divenir mortali» ed «esser capaci della morte in quanto morte», dice che «l’uomo muore continuamente» sulla terra, sotto il cielo, di fronte ai divini.

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Informazioni tesi

  Autore: Gennaro Senatore
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1995-96
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Carlo Sini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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