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Il problema dei rapporti tra i testi di Qumran e il Vangelo di Giovanni: un bilancio alla luce degli studi più recenti

I Manoscritti del Mar Morto, scoperti per puro caso nel 1947 nelle grotte della zona di Khirbhet Qumran, costituiscono oggi un mezzo affascinante per tentare uno studio sull'ambiente delle origine del cristianesimo. Partendo dalla convinzione che non è possibile affermare assolutamente una dipendenza del Cristianesimo da Qumram, perché comunque sono e rimangono diverse le dottrine, non si può rifiutare a priori un possibile contatto, una reciproca conoscenza. Una tale relazione, anche di squisito sapore letterario, ho cercato di mettere in luce confrontando il quarto Vangelo e i Manoscritti.

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I - Rotoli del Mar Morto: status quaestionis Tutti coloro che sono generosi verso la sua volontà (del Signore, cioè), apportino tutto il loro sapere, il loro lavoro e i loro beni nella comunità di Dio, affinché nella fedeltà agli statuti di Dio sia purificato il loro sapere, il loro lavoro sia regolato nella perfezione delle sue vie i loro beni siano utilizzati secondo il disegno della sua giustizia; né venga trasgredita anche una sola di tutte le parole di Dio nel tempo loro, né deviando dagli statuti della sua verità, con l’andare a destra e a sinistra (1). Questi passi tratti dalla cosiddetta Regola della Comunità appartenenti al gruppo di testi ebraici rinvenuti nel 1947 nella prima delle grotte scoperte nei presi di Khirbhet Qumrân, sulle rive nord-occidentali del Mar Morto, mettono bene in evidenza l’essenza del pensiero della comunità giudaica che in questa sede esamineremo. Il sapere, il lavoro e i beni in comune: tre valori fondamentali. Grazie ad essi oggi gli studiosi sono in grado di studiare direttamente su fonti preziosissime. Il sapere. Proprio per il desiderio di conoscenza e per il bisogno del mantenimento e della trasmissione di essa, i membri di questa comunità - che visse fra la fine del II sec. a.C. e la metà del I d.C. - difesero la loro scienza, il loro patrimonio dotto, dall’assalto dei romani del 66-70 d.C.; nascondendo la loro biblioteca nelle grotte circostanti prima di essere uccisi o dispersi. Il lavoro. Gli scavi iniziati presso le rovine di Khirbhet Qumrân nel 1951 (e poi continuati con le campagne dal 1953 al 1956) dagli archeologi Roland de Vaux, padre domenicano, e G. Lancaster Harding hanno riportato alla luce in particolare una sala nella quale, sparse per terra, vennero trovate tavole di terracotta inusuali, un calamaio di bronzo e uno in terracotta, contenenti tracce d’inchiostro secco, che suggerirono l’idea di uno scriptorium del tipo di quelli dei monasteri medievali.(2). Quindi i membri della comunità, del tutto autosufficienti nel lavoro dei campi, nell’allevamento, nella pesca, esercitavano anche l’arte amanuense. E’ grazie al lavoro di trascrizione che oggi abbiamo i Rotoli del Mar Morto. I beni. I qumrâniti non conoscevano il valore della proprietà privata. Non a caso una delle condizioni prime per l’accesso alla comunità era lo spoglio dei beni terreni: Mettono i loro beni in comune e il ricco non gode della sua fortuna più di colui che non possiede assolutamente nulla (Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche VIII,20). Tengono

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manoscritti
manoscritti del mar morto
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