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Il mondo di Padania. La costruzione dell'identità fra capi, guerrieri, fattrici e scudieri

Da più di un decennio il partito della Lega Nord è al centro di un indiscusso interesse da parte dei media e dell’opinione pubblica. Questa forte attenzione non nasce solo dalle provocatorie proposte portate avanti dal gruppo sul piano dell’organizzazione dello Stato - ovvero dall’idea antiunitaria e anticostituzionale dell’indipendenza del Nord Italia rispetto al potere centrale di Roma - ma anche, forse soprattutto, dall’anomalia, nel panorama italiano, di un leader carismatico come Umberto Bossi, che parla un linguaggio molto lontano da quello della politica tradizionale e organizza riti di massa dalla forte componente simbolica, tipici delle religioni politiche.
Date queste premesse, non desta stupore il fatto che la comparsa della Lega sulla scena politica italiana abbia spinto molti studiosi ad interrogarsi sui motivi della sua nascita e le chiavi del suo successo. Traendo spunto dai risultati di questo filone di analisi, il mio lavoro si concentra dal punto di vista dell’analisi storico-politica sul progetto della “secessione” (del Nord dal resto dell’Italia), studiando in particolare il modo in cui il partito costruisce ex novo un’identità, quella della “nazione padana”, necessaria a legittimare le sue richieste sul piano politico.
La fonte principale della mia ricerca è il quotidiano la Padania, organo ufficiale della Lega Nord, pubblicato a partire dal gennaio 1997. Mi sono basata, infatti, sull’idea che il giornale, utilissimo strumento di propaganda, svolga una funzione fondamentale nella trasmissione ai militanti delle idee del partito e nella costruzione simbolica dell’identità padana.
Sulla base del materiale offerto dal quotidiano – articoli, immagini, interviste, riquadri pubblicitari – ho cercato di approfondire le modalità attraverso le quali la Lega riesce a creare e diffondere l’idea della Padania. Innanzitutto, analizzando come siano definite le caratteristiche del cosiddetto «popolo del Nord» e i suoi valori di riferimento, quali siano le entità considerate nemiche e in che modo la Lega costruisca per la sua “nazione” un passato storico che ne giustifichi le richieste di indipendenza. Un’attenzione particolare ho prestato anche ai riti e ai simboli attraverso i quali Bossi diffonde tra i militanti la sensazione dell’appartenenza a una comunità coesa e “altra” rispetto al popolo italiano.
Nell’ambito dello studio della costruzione dell’identità padana mi è sembrato interessante inserire un discorso di genere. Poiché le informazioni sulla Lega trasmesse dai media – le adunate lungo il Po, l’immagine guerriera di Bossi, il suo linguaggio scurrile – la rappresentano come un partito che esalta la “virilità”, mi sono chiesta quale potesse essere, all’interno dell’universo padano, il ruolo assegnato alla donna. Per sviscerare questo punto sono partita dallo studio di un’associazione leghista, quella delle Donne Padane, nata nel 1998: ho passato in rassegna le attività promosse dall’organizzazione, i simboli utilizzati, i miti del passato a cui essa si ispira, allo scopo di comprendere in che modo le donne del partito si “autorappresentino”, ovvero che immagine abbiano di sé e quale immagine soprattutto vogliano trasmettere e divulgare al popolo femminile leghista.
Poiché la Lega, nella costruzione dell’identità padana, attribuisce una notevole importanza all’istituzione familiare, ho immaginato che anche dai discorsi e dalle decisioni programmatiche del partito riguardo alla famiglia potessero emergere interessanti spunti riguardo ai modelli femminili proposti come archetipi.
Ho analizzato, infine, sia il discorso leghista sul lavoro e la carriera femminile, in contrapposizione all’idea proposta della “donna - angelo del focolare”, sia il modo in cui il quotidiano di partito tratta le notizie aventi donne per protagoniste, chiedendomi se nel linguaggio utilizzato possa essere letto un atteggiamento “sessista”

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La costruzione dell’identità fra capi, guerrieri, fattrici e scudieri La mia ricerca è stata animata dall’interesse di studiare il modo in cui la Lega costruisce e divulga tra i militanti l’idea della Padania, al fine di giustificare la sua proposta politica di secessione del Nord dal resto dell’Italia. Basandosi sulla lettura del quotidiano di partito, questa analisi ha rilevato che la nuova “nazione” è definita dalla Lega non solo dal punto di vista geografico, ma soprattutto come una “comunità di valori”, i cui confini simbolici sono costruiti principalmente per contrapposizione rispetto ad altri soggetti considerati nemici: lo Stato centralista, il Sud, la sinistra, l’Islam. La Lega, come si è visto, rivendica l’esistenza di un’«etnia padana», trovandone conferma nelle teorie antropologiche passato storico costruito ad arte: attraverso un’interpretazione strumentale della storia d’Italia, il discorso leghista fonda in alcuni periodi le radici dell’omogeneità culturale del Nord e della sua diversità rispetto al resto del Paese. L’analisi leghista del Risorgimento, in particolare, mira a dimostrare come l’unità d’Italia sia stata imposta dall’alto, andando contro la «volontà dei popoli»: in questo modo il partito riesce a dare autorevolezza scientifica all’idea della Padania come nazione autentica, da sempre vessata dal centralismo di uno Stato “artificioso”. Allo scopo di dare un fondamento di realtà al suo mondo, la Lega ricostruisce un patrimonio di tradizioni comuni alle regioni del Nord, che trasmette ai militanti non solo attraverso la stampa e le organizzazioni interne al partito, ma anche rivolgendosi ai più giovani, con la creazione di una scuola elementare e media in cui si insegnano il dialetto e le usanze locali. L’idea della nuova nazione viene divulgata, inoltre, attraverso riti di massa, come quelli di Venezia e Pontida, in cui la Lega dispiega un ricco apparato di simboli, tratto in gran parte dal “passato glorioso” della Padania (il Sole delle Alpi dai Celti, il Carroccio e Alberto da Giussano dalla battaglia di Legnano). La Lega dipinge il popolo padano come una “comunità di virtuosi”, i cui membri aderiscono a valori tradizionali e condividono un forte senso della famiglia. Essi sono chiamati dal loro capo indiscusso, Umberto Bossi, a combattere contro i propri nemici, in primis lo Stato e, di volta in volta, l’«extracomunitario», il «meridionale», la «dittatura massonico-comunista», il «gay», lo «zingaro», il «drogato». Proprio dall’osservazione del frequente uso che la Lega fa della metafora militare è nata l’idea di riassumere i modelli maschili e femminili riscontrati nell’universo padano in capi, guerrieri, fattrici e scudieri. L’utilizzo di un elenco concepito in ordine di status è sembrato utile alla rappresentazione dell’organizzazione verticistica del mondo padano (che rispecchia quella altrettanto gerarchica della Lega): esso non è affatto un universo monolitico, ma al suo interno esistono diversi modi di interpretare la padanità. In tal senso, i quadri della Lega (i guerrieri) sono diversi dalla “massa” che accorre a Pontida ad acclamare il suo capo (gli scudieri). Ma tutti quanti sottostanno ai capi, il gruppo dei dirigenti (chiamato dalla Lega «Stato Maggiore»), il quale a sua volta è subordinato al leader supremo.

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