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Il corpo a più dimensioni. Dal corpo vivente alla malattia in Individui, Gruppi e Istituzioni.

Il processo di costruzione stessa di questo scritto costituisce l’esplicitazione di un percorso evolutivo: dal corpo individuale all’interno del gruppo, oggetto iniziale di studio, sono progressivamente passata ad indagare il corpo collettivo dell’istituzione, diventato punto centrale di questo lavoro, per ricercare nelle sue pieghe il riflesso di quel corpo singolare che con i suoi movimenti simultanei di espansione e di attrito con altri corpi dà vita all’organismo istituzionale.
Per giungere a quest’ultimo ho cercato di descrivere una genesi che parte dal corpo vivente del singolo come agglomerato energetico psico-somatico, le cui pulsioni costituiscono l’elemento propulsore indispensabile per la costituzione delle reti relazionali, a partire dai primi scambi affettivi, mentali e corporei con la madre, presi in considerazione in particolare per come descritti da A. Ferrari nella sua accezione di Oggetto Originario Concreto considerato come sistema vivente integrato. La figura materna è una presenza fondamentale a che l’isolamento biologico e psichico dell’individuo possa essere spezzato e aprirsi così alla consapevolezza dell’esistenza di altri corpi, di altri organismi psico-somatici, altrettanto indispensabili alla crescita dell’individuo. Per intessere la sua rete di rapporti il corpo attraversa numerosi campi, che vanno da quello biologico appena accennato verso quello della sessualità per il tramite delle percezioni e della memoria, progressivamente strutturati in forma concentrica e reciprocamente connessi, i cui contenuti sono rispettivamente colti nel qui ed ora e dilatati ed incasellati nel tempo. Caratteristica della condizione psicosomatica risulta inoltre l’assenza persistente e palpabile, che costituisce il cardine su cui essa si annoda con tutto il corredo delle sue manifestazioni. Il tema dell’assenza è stato trattato da molti autori quali A. Green e W. Bion in connessione ai disturbi psicotici e trova radicamento in un’impasse nella strutturazione dell’identità risalente, come prima accennato, ad una fase pre-edipica di sviluppo, quando la madre ancora non si colloca e definisce come oggetto, come altro-da-sé rispetto all’infante, ma è vissuta immediatamente come contenitore e ambiente. Per costruire relazioni buone è però necessario che l’individuo sia innanzitutto radicato dentro se stesso, definendo quella membrana sottile tra psiche e soma (definita da Freud “schermo antistimolo”, ripreso da Bion nell’elaborazione concettuale della “barriera di contatto”) che gli permette allo stesso tempo di discriminare con sufficiente certezza il dentro dal fuori e contribuisce al processo che D. Winnicott ha definito “personalizzazione”. In che misura dunque il corpo è centrale nel percorso che l’individuo immerso in un sistema di relazioni compie per diventare Persona, ossia un organismo integrato? La risposta per tale quesito non può essere ricercata al livello del singolo ma va scoperta al livello più ampio che lo contiene, come quello istituzionale.
Il corpus di questo scritto è germinato dal desiderio di rintracciare lo spazio fisico concreto in cui si rendono visibili le connessioni fra mente e corpo, per esplorare le modalità attraverso le quali queste crescono e si esprimono a livelli diversi da quello biologico di base, che tuttavia lo comprendono ed integrano nel processo di strutturazione complessiva dell’Individuo. Quest’ultimo come sappiamo è innanzitutto corpo ma è anche mente, forse contemporaneamente; e corpo e mente trovano appunto possibilità di incontro evidente in un’area che è esterna al singolo, che possiamo definire relazionale in termini oggettuali oppure sociale in un’accezione più ampia e globale. Lo spazio fisico menzionato è stato quindi pensato e successivamente ricercato entro la realtà sociale in un gruppo terapeutico dedicato a donne che avessero subìto un intervento di mastectomia, secondo l’ipotesi che al suo interno il corpo sia trattato in una maniera del tutto peculiare.

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INCORPORAZIONI. PER UNA PREMESSA COMPRENDENTE Questo lavoro rappresenta un’esplorazione delle radici profonde del rapporto mente-corpo, una ricerca delle sue costituenti originarie che configurano l’istante in cui la cosiddetta “scintilla di vita” prende corpo – nel duplice senso di “incarnazione”, mente che si insedia nel somatico, e di corpo che si eleva offrendosi alla mente – ripercorrendo i passi di quanti, nel corso dei numerosi secoli trascorsi fino all’epoca attuale, si sono cimentati nella medesima impresa. I primi sviluppi di forma di questo pensiero nascente hanno trovato forza nel desiderio di rintracciare, all’interno della pratica clinica, uno spazio nel quale potesse realizzarsi la coniugazione tra il corpo, inteso nella dimensione individuale di agglomerato di processi chimici, biologici e psichici e l’apparato gruppale, amalgama complesso e poliedrico di affetti, rappresentazioni, fantasie. Uno spazio che, per citare Bion (1963), si rendesse evidente come il luogo dei Sensi, della Passione, del Mito. Questo luogo è stato cercato specificamente all’interno del campo istituzionale, che per natura si presta ad essere contenitore indispensabile delle potenti dinamiche emozionali proprie della collettività nelle sue molteplici dimensioni (piccoli e grandi gruppi) e che a sua volta vive del respiro emesso dalla società. La nostra ipotesi iniziale che l’istituzione sanitaria possa essere considerata come una particolare forma assunta dal sintomo a livello sovra- individuale, è stata diretta alla ricerca di un gruppo di donne reduci da un intervento di mastectomia che partecipassero ad un percorso terapeutico gruppale in una struttura ospedaliera. Abbiamo così individuato l’Istituto Nazionale per la Lotta ai Tumori “G. Pascale” di Napoli, mediante il contatto preliminare con l’Associazione ANDOS (Ass. Naz. Donne Operate al Seno) che all’interno dell’ospedale forniva il servizio di supporto psicoterapico per la tipologia di pazienti oncologiche menzionate. Quest’esperienza rivelatasi parziale per via di una certa difficoltà incontrata nel conoscere direttamente il gruppo di pazienti, ha determinato lo sviluppo del presente lavoro di tesi secondo un doppio vertice: il

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