Il Cibo nell'Arte: percorsi e problematiche conservative
Il rapporto tra il Cibo e L'arte in epoca contemporanea. Da oltre sessant'anni restauratori e conservatori si trovano a dover affrontare la problematica del disgregamento di opere d'arte a causa dei materiali inusuali di cui sono composte. Molti sono stati gli studi affrontati per provare a dare risposte provvisorie a queste problematiche.
Il corpo della trattazione è occupato dai casi di studio, che mostrano concretamente come siano state risolte alcune questioni e come ne siano state poste altre. In ogni capitolo dopo una breve riflessione teorica sull’opera in esame, sulla sua nascita e sul suo significato, verranno esaminate le sue parti costituenti, i materiali utilizzati e le ricerche che ne sono derivate.
I casi di studio che qui si affronteranno sono:
1. Strange Fruit (for David) di Zoe Leonard, conservato al Philadelphia Museum of Art, che è una delle prime opere per cui venne redatto un report che riportava le richieste fatte dall’artista in merito al futuro di quest’ultima e le tecniche utilizzate dal museo per rispettare questo volere. Dopo preliminari considerazioni sull’opera verranno analizzate le problematiche scaturite nel momento in cui diventò parte della collezione del Philadelphia Museum of Art e le soluzioni adottate. Infine verrà presentato un recente studio che utilizza un metodo proprio dell’industria alimentare per migliorarne la conservazione.
2. Untiled (Public Opinion) e Untitled (Placebo) di Felix Gonzalez-Torres, il primo conservato al Guggenheim di New York mentre il secondo al MoMa. Sono opere che si presentano entrambe come accumulazioni di caramelle, ma che essendo collocate in due musei differenti hanno diversi trattamenti. Le problematiche che scaturiscono da queste sono maggiormente di natura teorica e pongono il problema della duplicazione e del cambiamento di supporto.
3. Gartenzwerg-Visag e Chocolate Sea di Dieter Roth, rispettivamente conservati al Kunstmuseum Stuttgart e al Museu d’art contemporanei de Barcellona (Macba). Nel primo caso l’analisi avrà come motore propulsore uno studio condotto nel 2006 in cui vennero svolte alcune riflessioni scaturite dalla presenza di evidenti crepe strutturali che minavano l’integrità dell’opera; nel secondo caso, invece verrà analizzata la possibilità di intervenire in modo non troppo invasivo per debellare l’infestazione dell’opera da parte di alcuni parassiti.
4. Gnaw di Janine Antoni, conservato al MoMa. L’ultimo caso si colloca a metà tra la performance e l’installazione, facendo così cogliere al meglio la difficoltà di gestione di opere in cui la presenza dell’artista sia sostanziale. L’attenzione sarà posta soprattutto alla fase di allestimento e di preparazione.
Prima però di scoprire le sfide che sono state affrontate in questi frangenti è opportuno fare riferimento alla problematica più generale della conservazione dell’arte contemporanea, per gettare le basi necessarie a una comprensione corretta delle questioni che si sono poste sul panorama internazionale a partire da metà del secolo scorso. Per questo nel secondo capitolo verrà analizzato più nel dettaglio il dibattito internazionale e gli sviluppi che ha consentito nella gestione di opere d’arte contemporanea, mantenendo però sempre un focus su i materiali deperibili e sulle implicazioni che ne sono derivate.
Il capitolo seguente servirà da breve inquadramento storico-artistico di una pratica diffusa e di difficile catalogazione. Si vedrà come gli artisti che utilizzano il cibo nelle loro opere non possono essere ricondotti ad un unico movimento, ma sono legati dal fascino per un materiale indispensabile per la nostra vita che, in alcuni casi, li spinge verso innovative sperimentazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Matilde Barbieri |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Arti Visive |
Relatore: | Lucia Corrain |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 140 |
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