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I germi della realtà: il cinema di Lars von Trier

Il cinema, nel corso della sua storia, si è sviluppato tramite la genialità, la tecnica e la poesia di molti registi. Solo alcuni di questi, tuttavia hanno contribuito a determinare l’evoluzione delle pratiche espressive del mezzo cinematografico. Mi riferisco a quei personaggi che dopo Lumière e Méliès, hanno formato la storia del cinema: con Griffith il cinema ha cominciato ad essere non più un qualcosa che stupiva la gente, che la intratteneva, ma un vero e proprio linguaggio artistico, prima con Sennett, poi con Chaplin e Keaton è sbocciato il cinema comico e grottesco, con Flaherty è nato il documentario, con Vertov ed Ejzenštejn il cinema è diventato rivoluzionario ed anche il montaggio ha assunto una sua artisticità, con Murnau e Lang è nato il cinema dell’orrore, con Dreyer lo stile e la forma hanno assunto un ruolo di primo piano, con Hawks e Ford si è inaugurato il genere Western, con Welles la realtà è apparsa arricchita, deformata a servizio della psicologia umana, con Bunuel il cinema è diventato surreale, con Bergman ha creato una perfetta unione con il teatro, con Renoir ha fatto il primo passo verso l’improvvisazione, verso l’imprevedibilità della realtà, con De Sica e Rossellini è diventato realtà, con Godard e Truffaut le regole del cinema sono state capovolte ed usate per rivelare il quotidiano, con Hitchcock è nato il concetto di suspance e lo spettatore si è visto costretto a confrontarsi con le proprie fobie ed inquietudini, con Kurosawa la tradizione letteraria e teatrale giapponese si è trasformata in cinema, con Antonioni il cinema è diventato introspettivo, antispettacolare, con Fellini ha danzato nella finzione della favola, con Kubrick il cinema ha raggiunto la perfetta armonia tra stile e contenuto ed è diventato totale. Ognuno di questi artisti ha dato un contributo fondamentale, ha posto un mattone sul quale costruire il futuro del cinematografo, ha fatto sì che questa nuova arte si sviluppasse, fosse degna di nota, facesse riflettere e che venisse considerata alla pari delle altre.
In questo panorama s’inserisce a pieno diritto l’opera di Lars von Trier, che attraverso la macchina da presa riesce a comunicare l’inesattezza dell’azione, riesce a far divenire il mezzo tecnico la via più semplice per raccontare una porzione di realtà; che attraverso la sua sperimentazione ha innalzato il digitale a mezzo per fare arte, per creare, aprendo la strada a molti altri registi e rendendo accessibili degli strumenti che fino ad ora sono stati nelle mani di pochi eletti. I progetti come Avedore (città del cinema on-line), sono sintomo di un malcontento comune, di una necessità di cambiare le norme che fino ad oggi hanno regolato l’industria cinematografica: “Il cinema non è qualcosa che si possa tenere ancora per molto sotto chiave, né i segreti dell’industria, l’apprendimento dell’uso degli strumenti o delle specifiche regole di linguaggio come prerequisiti per accedere a questa forma privilegiata di comunicazione, perché quello stesso progresso che aveva dettato quelle regole fortunatamente -ed inevitabilmente- si è sgretolato. E’ in corso un’evidente democratizzazione (Lars von Trier).
Alla fine degli anni novanta i tempi stessi erano maturi per smascherare interamente la menzogna dell’inaccessibilità!” (Lars von Trier)
Von Trier ha intuito che un certo tipo di cinema stava morendo e attraverso i suoi film, i manifesti, i dogmi e le altre provocazioni, è riuscito a togliere quell’alto strato di polvere che era posato sugli occhi degli spettatori ormai impigriti da un cinema uguale a se stesso, stantio, che da troppo tempo imperava; si è messo in discussione verbalizzando i suoi pensieri, il suo modo di fare cinema, come un vero e proprio atto d’amore nei confronti di questa arte.
Lars von Trier avendo sempre provato una profonda esigenza di raccontare attraverso le immagini, prima ha appreso la tecnica cinematografica, poi l’ha sperimentata rimodellandola a suo piacimento ed infine ha dato vita alle proprie storie, attraverso le quali, ha saputo trovare dentro di sé e soprattutto ha saputo comunicare agli altri, i germi della realtà.

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1 NOTA BIOGRAFICA Lars Trier nasce a Copenaghen il 13 Aprile 1956. All’età di circa undici anni, si ritira da scuola e studia come privatista. Nel 1968 recita nella serie televisiva danese/svedese, L’estate misteriosa, dove si appassiona ai macchinari e alle tecniche di ripresa. Studia cinema all’università e nel 1976 si iscrive alla Fimgruppe 16, un’associazione di cineasti amatoriali, dove può avere diretto accesso alla tecnica. Crea i suoi primi due film, di un’ora l’uno: Orchidégartneren (Il giardiniere delle orchidee) e Menthe- bienheureuse (Menthe- la ragazza felice); quest’ultimo è girato completamente in francese sebbene Von Trier non ne capisse una parola. Tre anni dopo entra nel Danish Film Istitute, dove può usufruire di attrezzature professionali e dare libero sfogo alla sperimentazione. Qui gira alcune opere: Nocturne, Den sieste detalje (L’ultimo particolare) e Befrielsesbilleder (Immagini di una liberazione). Conosce alcuni dei suoi più importanti collaboratori, tra cui il montatore Tomas

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