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Esperienza di malattia e percorsi terapeutici nella Santería cubana riguardo all'HIV/aids. Una prospettiva di antropologia visuale.

Un’analisi delle pratiche del sistema sanitario nazionale cubano, dalla prospettiva della Santeria, che si è dimostrata la chiave d’accesso per addentrarmi in un sistema complesso.
Il contesto cubano, connotato da una politica sanitaria libera dagli interessi di grandi multinazionali, per quanto riguarda la distribuzione dei farmaci, ha portato lo Stato ad incentivare e ricercare fonti terapeutiche “alternative” e la ricerca di nuovi domini simbolici come quelli che prendono forma per i sofferenti durante i rituali terapeutici della Santeria. È dovere e privilegio dell’antropologia medica, come nota Good, ridestare l’attenzione verso l’esperienza di malattia, il significato e l’interpretazione, il ruolo della narrazione e delle istituzioni sociali.
Cuba da circa un ventennio è afflitta dalla pauperizzazione economica, che ha prodotto l’emersione di molteplici microstrategie per uscire dalla crisi da parte delle famiglie e dei singoli individui, la prostituzione è una di queste. Il centro della capitale è uno dei punti nevralgici dove la prostituzione prospera a causa della grande affluenza di turisti, ed è qui che si rivelano la maggior parte di contagi per il virus dell’HIV. Inoltre il boom di nuovi sacerdoti della Santería negli ultimi quindici anni rivela la possibilità di trovare una via d’uscita dalla crisi attraverso questa religione. Infatti, sotto lo sguardo vigile ma permissivo dello Stato, i sacerdoti muovono una rete economica parallela a quella statale, e vanno ad incarnare parte della nuova borghesia cubana.
Una prima analisi delle dinamiche economiche che ruotano intorno alla Santeria ha permesso la costruzione di uno sguardo critico sull’aids all’Avana. In secondo luogo ho rivolto l’attenzione al sistema medico, un campo significativo per indagare i rapporti tra religione e Stato. La peculiarità del sistema sanitario del paese comunista, connotato dall’accessibilità alle cure per chiunque e dall’indipendenza della ricerca, ha permesso di lasciare aperti i canali di comunicazione tra la cultura popolare, le religioni di origine africana e la biomedicina, che rende possibile un dialogo che arricchisce i differenti campi. Ho osservato i rituali e l’utilizzo di altri elementi simbolici a scopo terapeutico, con particolare attenzione al culto di Babalú-Ayé, orisha caratterizzato una molteplicità di elementi di differenti religioni, tipico del sincretismo cubano, nonché l’orisha più connesso con le infezioni a trasmissione sessuale e in particolare all’HIV.
Focalizzare l’attenzione sul discorso circa l’HIV/aids è stata una scelta dettata dalla volontà di intraprendere un’analisi che cogliesse la mistificazione delle origini sociali della malattia, che passa necessariamente attraverso il discorso sulla prevenzione. L’etnografia si è rivelata necessaria per comprendere i significati e il ruolo che ha la Santería all’interno del discorso sulla prevenzione e la lotta all’aids, attraverso il progetto “Afroaché”, in cui si è palesata l’analogia tra la funzione educatrice dei sacerdoti e quella dei medici per far sì che i pazienti collaborino nel compimento del trattamento per le malattie croniche in cui il paziente deve credere nella terapia medica, così come egli crede all’efficacia dei rituali religiosi.
L’ultima parte della ricerca è incentrata sull’esperienza di malattia di Gustavo, rappresentativa dell’intera ricerca, nonché la parte più propositiva, in cui l’utilizzo del linguaggio audiovisivo, con la produzione di un film documentario è servito a produrre un differente punto per comprendere la malattia e la sofferenza umana. Per lo stesso Gustavo è stato un utile esperimento per trascendere dalla prospettiva unitaria del discorso sulla malattia ed aprirsi alla pluralità di nuovi linguaggi, arrivando ad indagare i modi in cui variano i “comportamenti di ricerca della salute” (health seeking behaviour)3, dove la videocamera è entrata a far parte di uno dei tanti elementi di complessità all’interno di quei comportamenti di ricerca della salute di Gustavo. Pertanto il ricercatore diviene anche uno degli strumenti di tali comportamenti.

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NOTA METODOLOGICA La partenza per l’Avana è stata preceduta da una ricerca bibliografica sulla Santería e la storia religiosa dell’isola, per avvicinarmi all’oggetto di studio. La permanenza a Cuba è stata di 5 mesi, da Novembre 2009 a Marzo 2010, la ricerca è stata realizzata per lo più a L’Avana, prevalentemente nei municipi di Centro Habana e Habana vieja, i quartieri più popolati e più colpiti dal virus dell’HIV . Anche se ho effettuato alcuni spostamenti alla periferia della capitale, in particolare a Santiago de Las Vegas dove si trova il sanatorio de “Los cocos” per persone con HIV/aids, e l’ultimo periodo a Regla per approfondire un’esperienza di malattia significativa. Inoltre ho fatto alcuni spostamenti nella provincia di Matanzas per portare avanti un progetto e per osservare come si è sviluppata la Santería lontano dai centri turistici, per avere una conoscenza più approfondita sul tema. Ho realizzato interviste a santeri e/o praticanti della Regola di Ocha-Ifá o Santería, per ottenere informazioni e iniziare un percorso di conoscenza della Santería. Dopo circa due mesi sono entrato in contatto anche con l’ambiente medico, ed ho intervistato personale medico, gruppi di appoggio volontario a pazienti con HIV/aids ed ovviamente i pazienti. Nonché nel corso dell’investigazione, sia in ambienti religiosi sia in ambienti strettamente medici ho incontrato e intervistato persone affette dal virus dell’HIV , cercando di approfondire gli incontri con i praticanti della Santería. In totale sono riuscito a registrare 30 interviste con circa 23 persone più 47 ore di registrazione video, tra interviste e rituali. Dopo i primi due mesi, in cui ho inseguito alcuni studiosi e i sacerdoti più preparati per ottenere quante più informazioni possibili sul culto di Ocha e Ifá, ho optato per una sorta di “vivere con”, come lo chiama Piasere 2 , una tecnica che mi 6 2 PIASERE LEONARDO, L’etnografo imperfetto Esperienza e cognizione in antropologia, Laterza, Roma Bari, 2008, p. 156.

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