DA W. A W. Canzone e cambiamenti sociali da Woody Guthrie a Woodstock
«Nannarè perché, perché / te sei ‘nnammorata / de ‘stà musica americana?» cantava Gabriella Ferri in uno stornello in romanesco che palesava i cambiamenti di un’Italia uscita dalle macerie del secondo conflitto mondiale e che si avviava verso il riscatto economico sulla spinta del Piano Marshall.
Dagli Stati Uniti, insieme agli aiuti economici e ai beni primari, giungevano testimonianze e frammenti di una cultura che ha influenzato le abitudini e le tradizioni degli italiani dell’epoca. La musica era uno degli aspetti più evidenti della nuova tendenza ‘americanizzante’, in un Paese dove l’inglese era, per altro, una lingua assai poco conosciuta; una vera e propria rivoluzione che avrebbe cambiato le abitudini e la cultura degli italiani e degli europei, soprattutto per quanto riguardava le nuove generazioni di giovani, per i quali si andava delineando una nuova identità che sarebbe poi arrivata a imporsi durante i ‘favolosi anni Sessanta’.
Lo scopo di questo lavoro di ricerca è dunque quello di fare una panoramica sul ruolo che la musica popolare ha assunto nei momenti cruciali dei decenni a cavallo della metà del XX secolo, allo scopo di analizzare i cambiamenti della società del ‘secolo breve’ utilizzando le canzoni come una possibile fonte storiografica.
All’inizio del Novecento, mentre negli Stati Uniti nasceva il blues tra i braccianti negri, e il folk era già un’arma di protesta (o, se non altro, almeno di denuncia), i totalitarismi europei usavano i nuovi mezzi di comunicazione per la propaganda di massa: tra questi anche la radio, con canzoni che avevano il ruolo di indottrinare il popolo ed esaltare i nazionalismi, esercitando quindi una certa influenza, soprattutto emotiva, sulle genti.
Fino agli anni Sessanta, durante i quali è andata sempre più delineandosi un’identità giovanile che ha portato a una separazione generazionale netta e ha dato vita a momenti di aggregazione e di incontro che alla fine del decennio hanno raggiunto numeri esorbitanti. I miti del rock e i menestrelli del folk erano il motore propulsore di questi raduni di massa e le loro canzoni erano l’asse attorno cui ruotava un mondo in fermento che aveva finalmente trovato la propria espressione creativa. Non esisteva cambiamento sociale che non fosse accompagnato e testimoniato da canzoni al riguardo.
Che la musica sia stata e sia, ancora oggi, un importante strumento per le (e delle) masse non v’è dubbio: la battuta di Barack Obama nell'esergo ne è la prova: una battuta di spirito che nasconde una verità insinuante, un’ammissione importante del ruolo chiave che la pop music può avere nei confronti delle persone, come il (e, forse, più del) potere del Presidente degli Stati Uniti. Obama sembra voler infatti scherzare sul fatto che i Presidenti cambiano, ma le canzoni restano, scolpite nella storia, nella memoria dei popoli e nelle emozioni di chi ascolta.
Il mio tentativo è, appunto, quello di sondare il rapporto tra musica, cambiamenti sociali e storia, e l’influenza che certe canzoni possono esercitare, cercando di mostrare come nel XX secolo non vi siano stati cambiamenti storici significativi senza ‘sottofondo musicale’ (canti, inni e canzoni) a fare da colonna sonora. E, perché no, provare a rispondere al quesito che Woody Guthrie già si poneva molti anni fa: «è la musica che cambia il mondo o il mondo che cambia la musica?» .
A questa domanda ha provato a rispondere Bono, l’irlandese leader e cantante del gruppo rock U2, affermando che «la musica può cambiare il mondo, perché può cambiare la gente» . Con appendice su Bruce Springsteen
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Informazioni tesi
Autore: | Nicola Cargnoni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Luigi Masella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 131 |
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