''Comandare ubbidendo'': la lotta del popolo di mais. Donne zapatiste in resistenza.
Nella primavera del 2013 ho avuto la possibilità di recarmi in Messico per svolgere un’attività di ricerca mirata alla conclusione della mia carriera universitaria triennale in antropologia. Avendo deciso di non appoggiarmi a nessun tipo di ONG (lealtà intellettuale forse.. avevo paura di auto introdurmi in un ambiente che avrebbe inesorabilmente alterato la mia percezione, vista anche l’ingenuità della prima ricerca sul campo), ho affrontato questo viaggio da sola, e come terreno di ricerca ho scelto di concentrarmi su una realtà da me conosciuta solo attraverso canali mediatici, ovvero il movimento zapatista. Non volendo fare solo ricerca bibliografica ma desiderando entrare letteralmente in questo tipo di realtà, ho cercato un modo per introdurmi in queste comunità, senza però tralasciare tutta la parte etica che mi aveva portata ad escludere a priori di entrare in contatto con organizzazioni non governative.
L’occasione mi si presentò con l’associazione Fray Bartolomè de las Casas, l’unica che gestisce (e viene accettata e riconosciuta dagli zapatisti, i quali chiedono espressamente di essere tutelati) un’attività di osservazione dei diritti umani: il compito di quest’associazione è di smistare i volontari nelle varie comunità zapatiste per garantire una sorta di “scudo” per i ribelli costantemente sottoposti a minacce e aggressioni da parte di paramilitari e persone antagoniste. Armati di macchinetta fotografica, il volontario garantisce una tutela perché possibile testimone di violazione dei diritti umani (con conseguente denuncia). In questo modo ho potuto recarmi in particolare in due comunità molto piccole in resistenza, senza accontentarmi di una visita ai ben più noti (e molto più facili da visitare anche come “turisti”) caracoles (ovvero i cinque municipi autonomi che si preoccupano di tutta la parte amministrativa e “politica” e ai quali, secondo la vicinanza, ogni comunità fa riferimento). Entrare in quelle comunità mi ha permesso di ribaltare completamente i miei concetti di solidarietà e di comunanza.
Nella prima parte della tesi ho cercato di dare informazioni generali di carattere politico, economico e sociale per inserire la questione in un contesto comprensibile; nella seconda parte l'elaborato affronta invece più in profondità la questione delle donne zapatiste, le quali hanno dato vita ad una sorta di rivoluzione nella rivoluzione.
Il movimento zapatista presenta moltissimi esempi di “gestione alternativa” e di produzione politica dal basso, e la cosa più importante è che è un modello che funziona. Sono vent’anni che queste donne e questi uomini di mais (chiamati così secondo una leggenda maya) non si arrendono, e anche se molti hanno abbandonato la lotta, una seconda generazione di zapatisti è nata, figli di insorti nati e cresciuti nella lotta, che portano avanti quel cambiamento da tanti sognato ma da pochi intrapreso.
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Informazioni tesi
Autore: | Veronica Leccese |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | comunicazione interculturale |
Relatore: | Alberto Guaraldo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 55 |
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