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Il dialogo sui diritti umani tra l'Islam europeo e l'Europa della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione

E' uscito il primo romanzo di PAOLO ARAGONA
"L'ultima calcara - una storia di emigrazione, guerra ed amore" (ed. Gangemi Editore).

Il libro è disponibile dal mese di maggio in libreria e on line sul sito dell'editore https://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1833&c=MBHXLFP4ALRQE
www.paoloaragona.com


Dopo gli eventi catastrofici dell’11 settembre appare difficile parlare di intercultura e di comunicazione interculturale senza che riemerga lo spettro del trascorso etnocentrismo di stampo occidentale messo di nuovo in gioco dalle paure consce e meno consce che ogni guerra o atto violento suscitano.
E’ a partire da tale riflessione che nasce l’ipotesi del presente lavoro che vuole essere uno spunto per una riflessione ulteriore che, nella drammaticità dell’incomunicabilità successiva ad ogni violenta contrapposizione, tende a cercare l’idea di fondo per una comunicazione efficace tra le culture diverse e conviventi, dove per efficace si intende “produttiva” per il benessere (nel senso letterale di “stare bene”) di tutti i soggetti appartenenti alle culture in dialogo, in un mondo fatto di correnti culturali e flussi migratori, di squilibri sociali e sbilanciamenti economici.
Definitivamente caduta l’idea che si possa concepire e si possa parlare di un’antropologia “oggettiva”, fondamento di un altrettanto “oggettiva” antropologia culturale, a partire dalla considerazione che certi fattori come la storia di un popolo, la storia del singolo, la religione, la cultura locale, e quant’altro, non sono nè oggettivabili nè rimuovibili, bisogna concretamente cominciare a pensare a un nuovo modo di concepire la comunicazione tra le culture, a partire dagli obiettivi e dalle ragioni della stessa comunicazione umana.
L’ipotesi da verificare è la possibilità di pensare a un linguaggio che sia al tempo stesso una semplificazione delle culture e dei rapporti tra esse, a partire dalla quale si possa concepire una relazione proficua tra i soggetti. Il tentativo di questa operazione che spera, almeno in seguito, di non apparire solo un’esercitazione accademica, nasce dall’idea che le culture siano il risultato di un processo complesso di frammentazione, ristrutturazione e sedimentazione, ma che in esse sia possibile trovare un nocciolo comune che le riesca a porre in relazione concreta a partire da una comunicazione a “basso livello”.
Nella prima parte della presente tesi il tentativo è quello di operare una “semplificazione” attraverso uno “smontare” la cultura categorizzandone successivamente i “pezzi” ricercandone il più possibile gli elementi “semplici” comuni, cioè le istanze e i bisogni primari, che essendo i più “leggibili” diventano veicoli linguistici per una comunicazione efficace.
Nella seconda parte, è quello di mostrare come la ricerca del dialogo imposta dall’attuale incontro – scontro tra la cultura occidentale in generale ed europea in particolare con la cultura islamica, porti a considerare il terreno dei diritti umani come il più idoneo, in quanto fondamentalmente comune, per la soluzione delle questioni inerenti al raggiungimento di una situazione di pace globale.

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2 INTRODUZIONE Dopo gli eventi catastrofici dell’11 settembre appare difficile parlare di intercultura e di comunicazione interculturale senza che riemerga lo spettro del trascorso etnocentrismo di stampo occidentale messo di nuovo in gioco dalle paure consce e meno consce che ogni guerra o atto violento suscitano. E’ a partire da tale riflessione che nasce l’ipotesi del presente lavoro che vuole essere uno spunto per una riflessione ulteriore che, nella drammaticità dell’incomunicabilità successiva ad ogni violenta contrapposizione, tende a cercare l’idea di fondo per una comunicazione efficace tra le culture diverse e conviventi, dove per efficace si intende “produttiva” per il benessere (nel senso letterale di “stare bene”) di tutti i soggetti appartenenti alle culture in dialogo, in un mondo fatto di correnti culturali e flussi migratori, di squilibri sociali e sbilanciamenti economici. Definitivamente caduta l’idea che si possa concepire e si possa parlare di un’antropologia “oggettiva”, fondamento di un altrettanto “oggettiva” antropologia culturale, a partire dalla considerazione che certi fattori come la storia di un popolo, la storia del singolo, la religione, la cultura locale, e quant’altro, non sono né oggettivabili né rimuovibili, bisogna concretamente cominciare a pensare a un nuovo modo di concepire la comunicazione tra le culture, a partire dagli obiettivi e dalle ragioni della stessa comunicazione umana. L’ipotesi da verificare è la possibilità di pensare a un linguaggio che sia al tempo stesso una semplificazione delle culture e dei rapporti tra esse, a partire dalla quale si possa concepire una relazione proficua tra i soggetti. Il tentativo di questa operazione che spera, almeno in seguito, di non apparire solo un’esercitazione accademica, nasce dall’idea che le culture siano il risultato di un processo complesso di

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