Dispendio energetico nel gioco del calcio
Riassunto
In fisiologia applicata allo sport, il calcio è classificato come attività con caratteristiche anaerobiche e aerobiche alternate.
Questo deriva dal fatto che il gioco del calcio richiede, nei 90 minuti, una continua alternanza d’impieghi metabolici, l’applicazione di vari tipi di forza e complesse capacità coordinative specifiche.
Una prima valutazione delle richieste energetiche del giocatore, è l’analisi delle percorrenze medie effettuate durante l’intero periodo di gara. Da queste è risultato che la media si aggira intorno ai 10500 metri. Tale distanza per acquisire significato sotto il profilo energetico deve essere valutata sotto alcuni aspetti di particolare rilievo come: il tipo di lavoro svolto all’interno della percorrenza totale, il ruolo del giocatore e il livello tecnico di partecipanti. Tra i studi in merito, si è notato che solo il 5% circa degli scatti effettuati in gara raggiunge una distanza di circa 60 metri, mentre la maggioranza degli stessi è inferiore ai 20 metri.
Altro fattore legato alla valutazione delle richieste fisiologiche del giocatore è la rilevanza della composizione in fibre del muscolo. Jacobs e altri autori sottoposero quindici giocatori di alto livello a una biopsia muscolare a livello del quadricipite, osservando che le percentuali reali delle fibre di tipo I, IIa e IIb erano del 34,5%, 39,8% e 21% rispettivamente. Altro parametro interessante, si rinviene tra i dati bioptici di Montanari, il quale rilevò un elevato numero di fibre di tipo IIc; la presenza di tali fibre sta a significare una vivace attività rigenerativa generalmente legato al lavoro di tipo eccentrico che si effettua durante la corsa e che risulta notevolmente penalizzante per il muscolo.
La produzione di energia aerobica sembra ottemperare nel gioco del calcio circa il 90% del consumo totale di energia. Nella letteratura accreditata si tende a fissare il VO2max del calciatore attorno a 1-2/l min, valore che tende a salire fino a un massimo di 4l/min durante alcune fasi di gioco (dribbling, marcature 1 contro 1). Sulla base dei rapporti individuali fra frequenza cardiaca e VO2max ottenuti durante un protocollo standardizzato di esercitazione in laboratorio, si è arrivati a stimare che la percentuale media di lavoro nel calcio sia intorno al 70% del VO2max; corrispondete ad una produzione di energia di 5700 Kj (1360Kcal), riferita ad una persona di 75 Kg con un massimo consumo di
ossigeno di 60 ml/Kg-1 min. Tra le fonti di energia anaerobica , ricordiamo l’utilizzo del creatinfosfato la cui degradazione fornisce una considerevole quantità di energia durante i periodi di alta intensità nelle varie fasi di gioco.
Per quanto riguarda il contributo energetico a carico del sistema lattacido, vediamo che esso è maggiormente impiegato durante la prima fase di gioco.
Infatti, i prelievi sanguigni effettuati nel corso della gara rilevano valori di lattato ematico molto più consistenti durante il primo tempo rispetto al secondo.
La rilevanza della concentrazione di lattato ematico come indice quantitativo di produzione del sistema anaerobico lattacido, è piuttosto sottovalutata, infatti non tutto il lattato prodotto dalla muscolatura attiva è riversato nella circolazione sanguigna; in quanto una quota di essa è continuamente metabolizzata dalla muscolatura attiva e inattiva e utilizzata da alcuni organi come il fegato e i reni.
I carboidrati, derivanti soprattutto dal glicogeno muscolare , sembrano essere la fonte di derivazione energetica maggiormente utilizzata nel gioco del calcio.
Studi sull’utilizzo del glicogeno intramuscolare rilevano valori di utilizzo intorno al 21% e al 40% del glicogeno totale ed altri intorno all’ 84% 90%. Tali discrepanze riflettono in primo luogo le differenze individuali delle scorte iniziali di glicogeno, le differenze nel livello della competizione, e in ultima analisi differenze attribuibili al muscolo o al gruppo muscolare in cui viene effettuata la rilevazione
Per quanto riguarda, la concentrazione ematica degli acidi grassi, (FFA) essa è maggiore nel secondo tempo di gioco rispetto al primo, in quanto vengono rilasciati dal tessuto adiposo per sostenere la produzione di energia a causa della diminuzione delle scorte di carboidrati e della minore attività muscolare espressa dai giocatori. E’ poco chiaro il ruolo del metabolismo delle proteine nella prestazione calcistica. Studi su esercizi continui ad un ritmo medio di lavoro e ad una durata analoga a quella di una partita, hanno indicato che l’ossidazione delle proteine può contribuire meno del 10% della produzione totale di energia.
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Informazioni tesi
Autore: | Cristiano Barchielli |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Scienze Motorie |
Facoltà: | Scienze Motorie |
Corso: | Scienze Motorie |
Relatore: | Stefania Sabatini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 36 |
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