Le Psicosi Schizofreniche
Le mie motivazioni "tecniche" per aver scelto l’argomento sulla "psicosi" schizofrenica
Posso dunque a questo punto concretizzare le mie motivazioni più strettamente tecniche, non solo nella possibilità di apprendere quello che è il giusto approccio a questo mondo “Fantastico”, ma cercare soprattutto di approfondire in termini integrativi, tutte quelle strategie e tecniche terapeutiche efficaci nel restituire, possibilmente, alla persona affetta, una migliore qualità di vita. Verificare la validità di tutte quelle ingegnose teorie e possibilità interpretative, raccolte oggigiorno in diversi testi specialistici, su quegli aspetti deliranti che un tempo, da non addetto ai lavori, ritenevo semplicemente privi di senso.
Oggi, posso ritenermi sicuramente soddisfatto per essermi procurato tante risposte, ma so che tante altre ancora dovrò trovarne per essere sempre a passo con i tempi, proprio perchè “Non si finisce mai di apprendere”. Nella seguente trattazione sulla psicosi schizofrenica, mi propongo quindi di effettuare una sintesi costruttiva delle più autorevoli teorie di orientamento sia psicologico che biologico inerenti i fattori etiopatogenetici e i relativi modelli di trattamento. Lo scopo è quello di fornire nuovi spunti riflessivi mediante l’osservazione delle differenze e delle analogie fra i più attuali modelli teorici di riferimento. A partire dalla fine dell’800 fino ai giorni d’oggi diverse teorie e applicazioni cliniche sono state messe a punto circa l’etiologia ed il trattamento di questo disturbo, che da anni attira l’attenzione di clinici di diversa formazione. Ho deciso dunque, di iniziare con un’esposizione delle varie modalità di concepire la malattia di mente presso le società primitive, per informare il lettore su quelle chiavi di lettura dei disturbi mentali che non risultano tanto dissimili da quelle odierne. Che se da un lato il malato veniva visto come indemoniato o tacciato di stregoneria, si era comunque dotati di varie metodologie per cercare di guarirlo. Si noterà infatti come il pensiero degli uomini primitivi tanto lontani da noi, abbia invece tanti punti in comune con il nostro modus operandi e non solo, ma con lo stesso pensiero regressivo del paziente schizofrenico; una regressione che investe non solo il livello ontogenetico ma anche quello filogenetico, si pensi infatti al tipico “Pensiero magico” che ritroviamo dominante e nel malato d’oggi che in quello d’un tempo. Inoltre, noteremo come diverse tecniche psicoterapeutiche attuali siano le dirette discendenti di quelle primitive, e come nonostante l’evoluzione millenaria con i suoi sostanziali cambiamenti, ci ritroviamo oggi a fronteggiar gli stessi interrogativi, almeno per alcuni aspetti.
Proseguendo poi…
con i cenni storici sulla nosografia delle psicosi con specifico riferimento a E. Kraepelin prima e a E. Bleuler poi, considerati pionieri nello studio della Schizofrenia, esporrò le principali intuizioni della teoria psicoanalitica, i principali apporti della psicoterapia sistemico-relazionale, la visione fenomenologica, l’approccio cognitivo-comportamentale e quello più squisitamente cognitivista.
Il fine ultimo del presente elaborato sarà però, il tentativo di applicare il modello cognitivo-causale con la sua SMM (Struttura Motivazionale Multilivello) alla comprensione degli aspetti motivazionali del funzionamento psicotico. Quest’ultimo punto sarà soltanto concettualizzato alla fine di questa prima parte, venendo dettagliatamente elaborato invece nella seconda parte clinica della tesi, dove ci cimenteremo nel trattamento di un caso di “Disturbo Schizoaffettivo -Tipo Depressivo” che seguo personalmente da ormai due anni.
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Informazioni tesi
Autore: | Giancarlo Mancini |
Tipo: | Tesi di Specializzazione/Perfezionamento |
Specializzazione in | Psicoterapia Cognitivo Comportamentale |
Anno: | 2010 |
Docente/Relatore: | Fausta Marsicano |
Istituito da: | Istituto Skinner - Formazione e Ricerca (Roma) |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 208 |
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