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Il ruolo dell'infermiere nella prevenzione del suicidio in ospedale: una revisione critica della letteratura.

Introduzione: ogni anno nel mondo più di 800.000 persone perdono la propria vita a causa del suicidio e gli interventi messi in atto per prevenire e ridurre il problema sono ancora pochi rispetto ad altri problemi di sanità pubblica. All’interno dell’ambito ospedaliero il fenomeno del suicidio risulta essere ancora un problema piuttosto significativo in quanto, l’identificazione dei soggetti ad alto rischio e l’utilizzo di strumenti preventivi e predittori risultano essere scarsi. Negli ospedali italiani il fenomeno del suicidio sembra non essersi arrestato nel tempo, inoltre il suicidio e il tentativo di suicidio rappresenterebbero uno degli eventi sentinella più frequenti e in continuo aumento anno dopo anno. L’obiettivo della tesi è quello di focalizzare l’attenzione sulla portata reale del problema suicidio al livello globale ed ospedaliero, individuando gli interventi di prevenzione del suicidio che possono essere messi in atto dall’infermiere nonché l’identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio.
Obiettivi: fornire rilevanza al fenomeno del suicidio nell’ambito ospedaliero; identificare i fattori di rischio del comportamento suicidario; analizzare la correlazione tra la patologia psichiatrica e il rischio di suicidio in letteratura; indagare in letteratura gli interventi preventivi che l’infermiere può mettere in atto per la prevenzione del suicidio in ospedale; delineare il percorso clinico assistenziale del paziente a rischio di suicidio.
Materiali e metodi: è stata condotta una revisione critica della letteratura attraverso la consultazione di libri di testo, banche dati, articoli, protocolli, siti internet riconosciuti a livello scientifico e le più recenti pubblicazioni.
Risultati: dalla consultazione bibliografica si evidenza la presenza di protocolli e linee guida per la prevenzione del suicidio in ambito ospedaliero nonché la presenza d’interventi preventivi che possono essere messi in atto dall’infermiere. Dalla revisione della letteratura sono emersi i principali fattori di rischio del comportamento suicidario e la sua correlazione con la patologia psichiatrica. La letteratura presenta inoltre linee guida e protocolli per il percorso clinico assistenziale del paziente a rischio di suicidio.
Discussione e conclusioni: Dai dati ottenuti dalla revisione della letteratura è emerso che l’infermiere risulta essere un tassello fondamentale per la prevenzione del suicidio
nonché la figura più a contatto con il soggetto a rischio di suicidio, permettendogli così di mettere in atto una molteplicità d’interventi. Dalla ricerca bibliografica sono emersi i principali fattori di rischio del suicidio e i segnali d’allarme e questi possono essere d’aiuto all’infermiere e al personale sanitario ad individuare il soggetto ad alto rischio nonché ad intervenire e mettere in atto gli interventi preveneti.
Parole chiave: assistenza infermieristica, suicidio - prevenzione e controllo, patologia psichiatrica, fattori di rischio, ospedale.

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3 INTRODUZIONE Ogni anno nel mondo più di 800.000 persone perdono la propria vita a causa del suicidio e gli interventi messi in atto per prevenire e ridurre il problema sono ancora pochi rispetto ad altri problemi di sanità pubblica. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riportate nel primo rapporto globale sulla prevenzione del suicidio del 2014, “Preventing suicide. A global imperative", nel mondo ogni 40 secondi si verifica un suicidio e ogni 3 secondi si registra un tentativo di suicidio con un tasso standardizzato, rispetto alla popolazione mondiale, pari al 11,4 per 100.000 abitanti. Il numero dei tentativi di suicidio rappresenta un ulteriore dato significativo per la comprensione di tale fenomeno: 20 milioni di tentativi l’anno e circa il 5% della popolazione mondiale tenta il suicidio almeno una volta nella vita. All’interno dell’ambito ospedaliero il fenomeno del suicidio risulta essere ancora un problema piuttosto significativo in quanto, l’identificazione dei soggetti ad alto rischio e l’utilizzo di strumenti preventivi e predittori risultano essere di difficile applicazione.

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