La riparazione per l'ingiusta detenzione
Nel codice di procedura penale del 1988 sono molti gli istituti che hanno subito, rispetto alla previgente codificazione del 1930 , una profonda trasformazione, mentre ve ne sono alcuni in precedenza totalmente sco-nosciuti. Tra questi vi rientra, senza dubbio, l’istituto della riparazione per l’ingiusta detenzione che, pur con tutte le limitazioni previste dal legislato-re, tende ad un più perfetto e moderno adeguamento delle esigenze dello Stato in rapporto a quelle del cittadino .
Tutto ciò si mostra come un velato, ancorché necessario, compro-messo nei rapporti tra l’individuo e lo Stato, tra la sfera privata e quella pubblica.
Lo Stato ha interesse alla propria esistenza e alla propria stabilità e tale interesse viene assicurato e protetto attraverso strumenti idonei di auto-tutela; in questa attività pubblica il contrasto tra lo Stato e la sfera di libertà del cittadino diviene inevitabile: il contemperamento di questo contrasto segna, senza ombra di dubbio, il livello di civiltà di una società .
Riconosciuta la necessità obiettiva della repressione dei reati, inte-sa questa come preminente di fronte agli interesse dei singoli, deve ricono-scersi, altresì, un interesse privato che deve essere compensato ed inden-nizzato per le eventuali compressioni della libertà personale ingiustamente subite .
Il tentativo di frapporre ostacoli ad una piena realizzazione di que-sto principio, attraverso argomentazioni estranee ai contenuti espressi dalla Costituzione, nasconde una demoralizzante “ragione di Stato” che fonda il suo presupposto in esigenze di bilancio e di spesa pubblica.
Se il grado di civiltà di una società si misura anche considerando il suo ordinamento giuridico, il codice Rocco ha manifestato il carattere e-saustivo e dominante dello Stato che lo aveva prodotto; infatti il problema della riparazione nei confronti delle vittime da errori giudiziari veniva po-sto e risolto dal codice del 1930 in termini di soccorso: l’interesse dello Stato era condizionato al bisogno del condannato e della sua famiglia; sol-tanto se il condannato fosse stato assolto a seguito di giudizio di revisione, poteva proporre domanda di riparazione, sempreché avesse espiato, in for-za della sentenza annullata, almeno tre mesi di pena detentiva o fosse stato internato per misure di sicurezza detentive.
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Informazioni tesi
Autore: | Giorgio Baiocchi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Luca Cecchini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 138 |
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