La confisca dei beni nei procedimenti per i reati di criminalità organizzata
INTRODUZIONE
Le misure di prevenzione sono provvedimenti con funzione essenzialmente cautelare, volte al contenimento e al recupero di comportamenti antisociali: rappresentano in particolare, strumenti di difesa sociale nel significato più ampio, essendo finalizzate non solo al ravvedimento ed al recupero del sottoposto alla misura, ma anche e soprattutto all’esigenza di difesa della collettività da parte di chi abbia, attraverso la propria condotta di vita, rivelato la sua proclività a delinquere e quindi la sua pericolosità sociale. Ed è proprio la pericolosità sociale del soggetto, a rappresentare la condizione necessaria per l’applicazione delle misure di prevenzione, come del resto ha avuto modo di esprimersi anche la giurisprudenza della suprema Corte statuendo che il giudizio di pericolosità, presuppone un’oggettiva valutazione di fatti sintomatici della condotta abituale e del tenore di vita del preposto, da accertare in modo tale da escludere valutazioni meramente soggettive da parte dell’autorità preponente, il cui giudizio può basarsi, anche su elementi che giustifichino sospetti o presunzioni, purché obiettivamente accertati, come i precedenti penali, l’esistenza di recenti denunzie per gravi reati, il tenore di vita, l’abituale compagnia di pregiudicati e di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, ed altre manifestazioni oggettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, in modo che risulti esaminata globalmente, l’intera personalità del soggetto, come risultante da tutte le manifestazioni sociali della sua vita.
Pertanto, al fine di imporre un efficace controllo nei confronti del maggior numero possibile di persone socialmente pericolose, si sono succeduti nel tempo vari interventi del Legislatore, miranti ad arginare particolari tipologie di delinquenti.
Legge fondamentale in tema di prevenzione è la n°1423 del 1956 che prevede l’intervento in chiave preventiva, da parte degli organi dello Stato, di categorie di persone appartenenti alla c.d. marginalità sociale: oziosi, vagabondi abituali, persone abitualmente dedite ai traffici illeciti, persone che vivevano abitualmente con il provento di delitti o il favoreggiamento, abituali contravventori delle norme di buon costume e della moralità politica, ecc.
A tali categorie, la legge del 22 novembre del 1967 ha aggiunto i gestori di bische clandestine e coloro che esercitano abitualmente le scommesse abusive sulle corse.
L’art. 1 della legge fondamentale citata, è stato successivamente sostituito con il testo dell’art.2 legge n.327/1988 che, nell’intento di svecchiare il sistema, ha superato l’anacronistico riferimento agli oziosi e ai vagabondi, ed ha ridotto le categorie criminogene sottoponibili alle misure di prevenzione, sostanzialmente in tre gruppi:
- Coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi.
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Informazioni tesi
Autore: | Antonella Palmisano |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Camerino |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Tiziano Luzi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 198 |
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