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La Lega Nord fra fascio e martello - Analisi semiotica del Carroccio dalle politiche 2008 a oggi

I risultati del Carroccio alle ultime elezioni sono stati a dir poco epocali: il partito di Bossi ha ottenuto uno schiacciante 8,297% che lo ha portato ad essere, di fatto, il terzo schieramento politico nel panorama italiano.
Per un partito che all’origine fu etichettato come “una grottesca deformazione del localismo, una sorta di degenerazione folcloristica della politica, una manifestazione conclamata di arretratezza, residuo preindustriale sopravvissuto nelle campagne dove la modernizzazione aveva inciso solo sulla superficie” (Berta cit. in Signore, Trocino, 2008; p. 260), dato più volte per spacciato, o peggio prossimo all’estinzione, un risultato più che soddisfacente.
Soddisfacente non solo per le cifre in sé ottenute, ma perché quei numeri rappresentano bacini di fiducia che una volta appartenevano a un elettorato di sinistra, che pian piano si è riversato nella semiosfera pulsante della Lega Nord.
Lo stupore destato da un fenomeno così inatteso ha dato impulso a questo percorso di ricerca attorno e attraverso l’universo leghista. L’interrogativo che anima questo studio, infatti, ruota intorno alla ricerca dei motivi per cui tanti elettori di sinistra, lavoratori, studenti, giovani e anziani, abbiano deciso di entrare a far parte del progetto padano.
Per tentare di trovare le motivazioni alla base del successo leghista, si è preso in esame il corpus audiovisivo, visivo e i gadget vari attraverso cui il Carroccio si è presentato alle politiche 2008. Molti dei materiali, soprattutto la cartellonistica, sono stati reperiti in rete solo dopo averne constatato gli effetti dal vero. I manifesti dell’“Indiano Padano” (Seconda Parte, cap.1), ad esempio, nel periodo pre-elettorale avevano colonizzato le mura di Bologna, suscitando un intenso tam tam fra gli studenti del mio corso. Il volantino del Movimento Giovani Padani (Parte Seconda, cap. 2) è stato personalmente visto e reperito da me, per la prima volta, nei pressi dell’Estragon, un locale di Bologna famoso per concerti di musica indipendente e non certo per il suo attivismo politico pro-Lega.
La rete, che ha reso accessibili questi e altri materiali presenti in questa tesi, ha raccolto i frutti di una modalità di comunicazione e costruzione dell’identità (Parte VI, cap. 11, Barbarossa) scorretta ma efficace, che la Lega Nord ha saputo costruire sfruttando “il ventre del Paese”, come ha affermato Lazzaro nel suo Camicie Verdi.
Un Paese, il nostro, in cui la Lega vince perché si rivolge al ventre e non alla testa della nazione: un parallelo non casuale quello fra l’elettorato leghista e il ventre. Tale costrutto richiama a sé, mettendo in scena l’opposizione testa vs. ventre, un vasto retaggio culturale. Il campo semantico della testa è legato alla razionalità; quello del ventre è legato alla corporalità, all’istinto più basso. Se la testa prima pensa e poi agisce in vista di doversi assumere delle conseguenze, il ventre chiede tutto e subito, senza preoccuparsi della possibile indigestione successiva. Ecco a chi parla la Lega: a un paese tribalizzato nel suo bisogno primario di sicurezza a ogni costo. E per fare centro costruisce un immaginario ad hoc, tale da catturare la fiducia anche di coloro i quali sono sempre stati estranei al movimento del Carroccio. Sfruttando la crisi della Sinistra italiana e riacquisendone al proprio interno alcune icone storiche, la Lega è riuscita a dare di sé l’immagine di un movimento nuovo, lontano dai palazzi del potere e persino vicino assiologicamente agli elettori orfani della Sinistra italiana.
L’analisi dei materiali in esame, effettuata secondo un approccio prettamente lotmaniano nell’ottica di una semiotica della cultura, ha però svelato le reali dinamiche di produzione di senso legate alla Lega Nord. Usando la semiotica come strumento di critica sociale, il modello-mondo costruito dalla Lega è stato analizzato attraverso la costruzione dei suoi asserti ideologici, svelandone la matrice xenofoba che ancora riposa sotto le tessere di partito con il viso di El Che stampato in verde.

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Valentina Vellucci Discipline semiotiche 10 PRIMA PARTE POLITICAMENTE SCORRETTO 1. Campagna elettorale 2008: quando la politica si fa “liquida”. “Il mondo sembra una grande incubatrice di paure che paralizzano e provocano visioni distorte della realtà” ZIGGY BAUMAN, Paura liquida “La Padania esiste e siamo noi” SERGIO COFFERATI, Sindaco di Bologna, 2008 La campagna elettorale delle elezioni politiche 2008 è stata etichettata dai politologi italiani come la più noiosa del nostro secolo2. Noiosa soprattutto se confrontata a quella del 2006, in cui era stata attuata una vera e propria “grotteschizzazione” del leader dell‟Unione Prodi, metà mostro metà brigatista, e dei suoi collaboratori.3 Walter Veltroni, Segretario del Partito Democratico, nell‟ultima campagna elettorale ha persino evitato di pronunciare il nome del suo avversario, per evitarne una demonizzazione: fingere che Berlusconi e il conflitto di interessi non esistessero non lo ha però aiutato a giungere alla vittoria. Come vedremo anche in seguito, rifiutare l‟esistenza di un'altra semiosfera non sempre porta alla vittoria: il segreto è demonizzarla. Quella del 2008 è stata una campagna in linea di massima moderata, all‟insegna del “politicamente corretto”, in cui l‟Italia delle piazze di 2Guido Campana,“ Una campagna noiosa: rischio astensionismo” da Il Sole24ore del 26/03/08. 3 Basta ricordare il caso della commissione Mitrokhin che pretendeva di aver trovato prove del coinvolgimento di Romano Prodi nell‟assassinio di Aldo Moro. Per maggiori approfondimenti si rimanda a Peter Gomez, Marco Travaglio, 2008, Se riconosci li eviti, Chiarelettere, Milano.

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