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Nietzsche e il problema dell'eguaglianza

Filosofando col martello, Nietzsche demolisce in appena un decennio – dal 1878, anno della sua “guarigione” coincidente con la pubblicazione di Umano, troppo umano, al 1888, “anno uno” della nuova epoca sorta dalla trasvalutazione di tutti i valori e dalla Legge contro il cristianesimo – i pregiudizi morali dell’occidente, i prodotti dell’ultramillenaria tradizione platonico-cristiana.
Rassegnazione, umiltà, compassione e tutti gli altri valori determinanti l’affermazione dell’eguaglianza come principio sociale e politico vengono smascherati grazie a una rigorosa attività filologica e psicologica che porta il filosofo a individuare nel ressentiment e nella rivolta degli schiavi nella morale che ne deriva, le cause di un generale appiattimento dell’umanità, un livellamento verso il basso.
Trasvalutando infatti i valori aristocratico-cavallereschi con un processo lungo e graduale, la classe sacerdotale (del risentimento per eccellenza, in quanto massimamente impotente) ha compiuto la sua vendetta, generando la sabbia dell’umanità.
Solo gli spiriti liberi, svincolandosi dalle prescrizioni della tradizione e della religione, riescono a capire che l’essenza della vita è ben altra cosa e che qualsiasi giustificazione metafisica è una menzogna, uno strumento per il mantenimento della sicurezza generale.
Essendo naturale solo inter pares – tra uomini affini (per sensibilità, esigenze, gusto ecc.) o che si trovano a vivere in condizioni simili (di lavoro, clima, pericolo ecc.) – la giustizia egualitaria, caratterizzata dalla reciprocità delle prestazioni, non ha alcun senso come prescrizione universale.
Non è allora che una chimera la pretesa di identificare l’origine della giustizia compensativa con l’altruismo, un grossolano errore filologico pari alle “arbitrarie” rivendicazioni socialiste di una più equa ripartizione della proprietà.
Rousseau e l’eguaglianza naturale, la Rivoluzione Francese e la parità di diritti, il socialismo, l’anarchismo e la democrazia costituiranno così inevitabilmente i principali oggetti di critica della filosofia nietzscheana, anelante prima di tutto all’autosuperamento dell’uomo, al perseguimento dell’individualità matura.
Tuttavia, nella sorprendente previsione di una futura Europa unita dove la grande politica si sostituirà alle temporanee guerre tra stati alimentate da sterili nazionalismi, Nietzsche riconoscerà a un sistema livellante come la democrazia (spesso indicata come la forma di decadenza della politica) il merito di integrare popoli e di preparare il terreno ideale per la nascita di grandi personalità.
Altre “profezie” riguardanti profonde crisi di coscienza, grandi guerre, crolli di vecchi centri di potere ecc. verranno ancora indovinate da questo filosofo che al termine della propria esistenza “consapevole” finirà per identificarsi con un destino e per ribadire un’ultima volta che l’egualitarismo in politica, come le altre “verità” morali, è destinato a soccombere all’affermarsi della consapevolezza dell’eterno ritorno e del fondamento dell’esistenza: la volontà di potenza.


Nel mettere in luce una delle tematiche più importanti e discusse del pensiero di Nietzsche – il problema dell’eguaglianza – sono stati volutamente privilegiati gli scritti del filosofo stesso, in particolare la produzione dell’ultimo decennio, senza tuttavia trascurare autorevoli fonti di letteratura secondaria come Escobar, Vattimo e Löwith.
Dopo una prima selezione complessiva (non sistematica) e una successiva elaborazione, il materiale è stato organizzato individuando quattro macroargomenti attraverso i quali, tra l’altro, si tenta di dimostrare la lungimiranza di diverse previsioni sociali e politiche nietzscheane di ampio respiro.

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1 INTRODUZIONE Filosofando col martello, Nietzsche demolisce in appena un decennio – dal 1878, anno della sua “guarigione” coincidente con la pubblicazione di Umano, troppo umano, al 1888, “anno uno” 1 della nuova epoca sorta dalla trasvalutazione di tutti i valori e dalla Legge contro il cristianesimo – i pregiudizi morali dell’occidente, i prodotti dell’ultramillenaria tradizione platonico-cristiana. Rassegnazione, umiltà, compassione e tutti gli altri valori determinanti l’affermazione dell’eguaglianza come principio sociale e politico vengono smascherati grazie a una rigorosa attività filologica e psicologica che porta il filosofo a individuare nel ressentiment e nella rivolta degli schiavi nella morale che ne deriva, le cause di un generale appiattimento dell’umanità, un livellamento verso il basso. Trasvalutando infatti i valori aristocratico-cavallereschi con un processo lungo e graduale, la classe sacerdotale (del risentimento per eccellenza, in quanto massimamente impotente) ha compiuto la sua vendetta, generando la sabbia dell’umanità. Solo gli spiriti liberi, svincolandosi dalle prescrizioni della tradizione e della religione, riescono a capire che l’essenza della vita è ben altra cosa e che qualsiasi giustificazione metafisica è una menzogna, uno strumento per il mantenimento della sicurezza generale. Essendo naturale solo inter pares – tra uomini affini (per sensibilità, esigenze, gusto ecc.) o che si trovano a vivere in condizioni simili (di lavoro, clima, pericolo ecc.) – la giustizia egualitaria, caratterizzata dalla 1 FRIEDRICH NIETZSCHE, L’anticristo, traduzione di F. Masini, Adelphi, Milano 2004, p. 98.

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