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Il divismo nel cinema: il caso Leonardo DiCaprio

In questo studio mi sono occupata del fenomeno divistico, delle esigenze socio-psicologiche da cui ha origine e del suo radicale cambiamento nell'ambito della società contemporanea.
Partendo dall'affermazione di Barthes secondo cui il divo in quanto mito è «sistema di comunicazione, linguaggio, forma, modo di significare e non è eterno» ho analizzato brevemente l’evolversi del fenomeno attraverso personaggi simbolo che hanno influenzato profondamente la loro epoca, hanno creato mode e sono stati oggetto di identificazione e culto da parte di migliaia di persone.
Infine, ho considerato il divismo contemporaneo, parte fondante del mio studio, che pur subendo inevitabili e sostanziali trasformazioni, particolarmente dovute alla Televisione, al suo personality system e al conseguente celebrity system rimane un fenomeno attuale e ben radicato.
Nella nostra società tecnotronica il divo non è più solo modello da imitare, ma anche e soprattutto “significante”, contenitore di tutte le istanze e le contraddizioni.
A decretare la “starità”, come afferma Morin, è ancora la bellezza a cui, però, si aggiungono trasgressione, tenerezza, ambiguità, romanticismo e diversità.
Ecco perché Leonardo Di Caprio, interprete di personaggi contraddittori (Richard di THE BEACH), problematici (Hank di LA STANZA DI MARVIN), ambigui (Rimbaud di POETI DALL’INFERNO), diventa divo con il ruolo dell'eroe romantico nel kolossal più costoso della storia del cinema: TITANIC.
L’aspetto adolescenziale dell’attore, che soddisfa l’illusione di eterna giovinezza dell'audience, la sua bellezza efebica, simbolo di ambivalenza sessuale e morale, una fisicità esile, non aggressiva e un talento che s’impone e che non può essere mai catturato da facili definizioni, ne fanno il divo ideale della gioventù di fine millennio che cerca, fiduciosa ma insicura, l’armonia nella più totale e desolante disarmonia del nostro tempo.

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2 Con questo studio intendo occuparmi del fenomeno divistico, o delle esigenze psico-sociologiche da cui ha origine e del suo radicale cambiamento nell’ambito della società contemporanea. In un mondo in cui il predominio massmediologico è sempre più forte e lo sviluppo delle nuove tecniche informatiche è sempre più sofisticato ed incontrollato, la figura del divo trascende i limiti della sala cinematografica e invade prepotentemente la realtà. Il pubblico, ormai assuefatto e soggiogato all’oggettività della realtà virtuale che materializza e dà vita ai suoi miti e ai suoi demoni e sconfigge anche la morte stessa, dubita sempre più dell’esistenza di un confine fra realtà e finzione, fra se stesso e il suo mito. E’ recente, infatti, la notizia (1) che a Los Angeles, una azienda che si chiama Virtual Celebrity (branca della Global Icons), non rassegnandosi al fattore biologico della morte dei divi, ha messo a punto un sistema capace di far recitare Marlene Dietrich o chiunque altro, vivo o morto. Non solo riescono a fare entrare la figura, o il primo piano, dell’attrice che non c’è in uno schermo, ma la fanno anche recitare pronunciando parole che magari quarant’anni fa neppure esistevano, ridere o piangere, sedurre o abbandonare. Ci avevano già provato, e più di una volta avevano annunciato la raggiunta capacità di far recitare Humphrey Bogart o James Dean, James Cagney o Steve McQueen, tutti ormai scomparsi, ma non erano andati più in là di pochi secondi; stavolta ,quelli della Virtual Celebrity annunciano di essere capaci, con i loro computer, di far recitare Marlene addirittura in un film intero, e hanno chiesto, ed ottenuto dal pronipote dell’attrice i diritti ad usarne l’immagine. E così l’Angelo Azzurro è stato riportata alla vita, oppure, a seconda dei punti di vista, strappata alla vita eterna del Mito. (1) Il Resto del Carlino, mercoledì 11 agosto 1999, pagina degli spettacoli «Marlene esce dal mito e grazie al computer torna a recitare», di Giovanni Bogani.

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divi
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