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La città che cambia: Citymarketing e nuove politiche locali. Il caso di Torino a qualche anno dalle Olimpiadi Invernali

Come rispondono gli attori locali ai mutamenti economici, sociali, politici, culturali, urbanistici, del postfordismo? In che modo la città cerca di riposizionarsi all’interno del contesto internazionale e delle dinamiche globali? Quali strade cerca di percorrere e di quali strumenti si avvale per rispondere alle nuove istanze locali? Che tipo di finalità devono perseguire le azioni di sviluppo?
La dissertazione intende comprendere e interpretare la reazione del “locale”, in particolare del sistema urbano, agli input inseriti nel suo tessuto dal “globale”, con cui è in continua relazione dialettica, quest’ultima sintetizzabile col neologismo ibrido “glocale”.
L’analisi si dipana attraverso uno studio storico e critico del fenomeno urbano dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, momento nel quale la città europea rappresenta un ambito funzionale al meccanismo industriale ed economico e, successivamente, si occupa, prendendo le mosse dalla crisi del modello fordista della crescita illimitata, di spiegare il nuovo paradigma e i suoi risvolti di differente qualità e portata, dagli anni Ottanta allo stato attuale, attraverso un esercizio multidisciplinare.
La città, o, più correttamente, il “sistema metropolitano”, si situa in uno spazio interstiziale fra la sua visibilità e significatività globale, internazionale, interregionale, nazionale, e il suo effettivo territorio fisico, antropico, costruito. La considerazione paritaria di questi due aspetti consente di inquadrare il necessario sviluppo della città allo stesso tempo come esogeno ed endogeno. Il primo è caratterizzato da uno stato di concorrenza e/o cooperazione fra le realtà urbane, che rappresentano i “nodi”, più o meno rilevanti di un “sistema reticolare”, sempre meno legato ai tradizionali confini fisici. Il secondo è contrassegnato dall’assunzione da parte delle amministrazioni locali di nuovi strumenti di governance, di riproduzione e di valorizzazione del proprio “capitale sociale”, di un nuovo vocabolario concettuale, in una cornice non esente dal conflitto, dal dissenso e dallo squilibrio sociale. Il successo dello sviluppo, considerato nei due aspetti, dipende dall’attuazione di adeguate politiche di citymarketing che lo inquadrino all’interno di un piano strategico, reticolare e visionario, attraverso un approccio inclusivo, ovvero che consideri tutti gli interessi in campo e non sottovaluti le fonti del dissenso. Occorre, dunque, non limitarsi al solo miglioramento degli aspetti economici, ma agire nella più rigorosa coerenza con gli obiettivi della sostenibilità ambientale.
Il Mega-Event, una manifestazione di grande portata mediatica con audience globale e di rilevanti introiti finanziari, può essere un’opportunità privilegiata per accelerare i processi di sviluppo, a patto che venga inserito all’interno di un percorso di politiche ordinarie, ovvero “che si sarebbero fatte altrimenti”, operanti su più fronti e con una particolare rilevanza sociale e culturale.
Torino possiede tutte le caratteristiche per rappresentare il caso empirico di ciò che ho fin qui discusso, e le Olimpiadi Invernali del 2006 potrebbero offrire l’occasione per un rilancio internazionale e per una più coerente riorganizzazione dell’area metropolitana. A tal fine la Città si è dotata di un piano strategico: “Torino internazionale”, presentato pubblicamente il 29 febbraio del 2000 e sottoscritto dai principali attori economici, sociali e culturali dell’area metropolitana torinese con l’intento di sviluppare una visione comune del futuro. La costruttiva coesione fra le parti, scaturita da processi inclusivi, l’efficacia multilaterale dell’azione politica e la ponderazione dei rischi ambientali potenziali rappresentano gli ingredienti imprescindibili per conquistare il “successo olimpico”.

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1 INTRODUZIONE Si possono citare almeno due momenti “rivoluzionari” nella storia delle società umane, questi costituiscono fasi d’estrema importanza per il fenomeno urbano: il primo corrisponde alla cosiddetta “rivoluzione neolitica” e allo sviluppo dell’agricoltura, iniziato all’incirca nell’8000-9000 a.C.; il secondo avviene a partire dal XVIII secolo e si fa coincidere con la “rivoluzione industriale” [Mela 2002]. Queste due situazioni hanno la capacità di mutare le condizioni economiche del sistema garantendo: la prima le basi strutturali per la nascita delle città, la seconda quelle di un’espansione del fenomeno urbano direttamente legato alle fortune dell’industria manifatturiera. Oggi ci troveremmo in una terza fase caratterizzata dalle nuove tecnologie microelettroniche e dal miglioramento delle telecomunicazioni. Secondo alcuni studiosi, questa trasformazione porterebbe addirittura alla scomparsa della città, dando origine a processi di dispersione e frammentazione spaziale superati soltanto da forme di comunicazione a distanza. Chi dipinge questo scenario è forse pregno di un eccessivo fatalismo e di una sottile vena di catastrofismo, infatti, le città sembrano assumere il ruolo di attori collettivi attivi nel superamento della frammentazione. Il cammino intrapreso da molte città indica una via d’uscita, scaturita per un verso da un processo di auto-riflessione ed auto-critica sulla propria identità (soprattutto da parte delle società urbane che hanno vissuto direttamente il fordismo) e per l’altro da un adeguamento ai nuovi contesti internazionali ed intercontinentali (in una parola: globali) e ai nuovi mercati, dentro i quali le città si dispongono come “nodi” di una rete. Solo un’analisi che contempli contemporaneamente questi processi, endogeni ed esogeni, è in grado di fornire un quadro esaustivo dei mutamenti strutturali e delle possibili reinvenzioni della città. Il primo considera il cambiamento sotto un profilo culturale-identitario (ha a che fare con il “capitale sociale” collettivo del territorio), il secondo lo inserisce in un quadro economico-internazionale (ha a che fare con un contesto di forte competizione), a completare queste due prospettive inserisco un’ulteriore punto di vista sociologico che considera il rapporto fra società, industria, città e tecnologia, in una cornice storica e dialettica (anche conflittuale), in cui il determinarsi di trasformazioni è l’esito multilaterale del processo stesso. E’ tenendo presente la complementarietà di queste due

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