La gestione delle aziende radiofoniche. Il caso Radio Vaticana
Lo sviluppo della radiofonia
Il 12 dicembre 1901 Guglielmo Marconi collegava per la prima volta l’Europa all’America con un segnale radio. Si trattava di un telegrafo in codice digitale (alfabeto Morse). Questa fu, certamente, un’invenzione di portata storica ma, tuttavia, né Marconi né i suoi assistenti intuirono le potenzialità che il nuovo mezzo di comunicazione poteva sviluppare.
Il broadcasting (la comunicazione diffusa, estesa e immediata da un punto a una serie pressoché infinita di riceventi) avrebbe atteso ancora circa vent’anni per vedere la luce, trasformando la radio in un mezzo rivoluzionario, la cui influenza si percepì su quasi tutto il pianeta. La comunicazione in breve tempo divenne globale, modificando gli usi e i costumi delle nuove generazioni.
Questa tesi compie un percorso che segue lo sviluppo del media-radio sino ad arrivare all’analisi di un’emittente unica e molto particolare: Radio Vaticana. Appare ovvio che per individuarne e comprenderne gli aspetti peculiari, è necessario prima osservare lo sviluppo, l’organizzazione e il funzionamento delle aziende radiofoniche tradizionali.
L’evoluzione di uno strumento mediatico come la radio non ha seguito una linea retta, bensì si è trasformato, si è modificato sino ad assumere forme differenti in Europa e negli Stati Uniti. Sovrapporre i binari dello sviluppo sarebbe stato fuorviante. Si è deciso, al fine di seguire un progresso storico ineluttabile, di analizzare separatamente le due realtà, che differiscono, per motivi culturali, sociali ed economici.
In America si assistette inizialmente alla nascita di una tipologia di trasmissione radiofonica che fu poi ribattezzata “radio commerciale”.
A seguito della diffusione della televisione, la radio statunitense abbandonò il modello generalista utilizzato fino a quel momento – basato su un palinsesto di programmi di generi diversi per un pubblico misto – ed elaborò una strategia di programmazione incentrata su un flusso continuo e un’offerta selezionata per precisi segmenti di pubblico su cui si basano oggi le radio private e molte emittenti pubbliche occidentali: nacque così la format radio.
In Europa, invece, la radio ebbe uno sviluppo diverso. Il concetto di radio pubblica nacque negli anni Venti in Gran Bretagna, dove l’offerta radiofonica ebbe un carattere spiccatamente pedagogico e i palinsesti vennero organizzati secondo principi di informazione, educazione e divertimento. La medesima impostazione venne recepita e ricalcata anche negli altri paesi europei, tra cui, ovviamente, l’Italia, dove le trasmissioni presero il via nel 1924.
Seguendo il modello anglosassone, nel nostro Paese la gestione delle trasmissioni apparteneva allo Stato, che se ne serviva principalmente a fini didattici.
Successivamente, il regime fascista trasformò il mezzo radiofonico in un meccanismo di propaganda molto efficace.
Nel 1944 nacque la RAI e le sue redini vennero prese dal partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, che si fece interprete della funzione pedagogica lasciando però invariata la programmazione.
Intorno agli anni Sessanta la format radio americana giunse oltreoceano, invadendo l’Europa con la sua programmazione innovativa. nacquero così le radio pirata che si collocarono nello spazio che le radio pubbliche lasciavano scoperto.
L’esperienza delle radio pirata permise l’avvento della radiofonia privata in tutta Europa secondo modi e tempi diversi. In Italia, nel 1976, una sentenza della Corte Costituzionale liberalizzò le trasmissioni in ambito locale, sancendo di fatto la fine del monopolio statale.
La situazione attuale
Oggi in Europa il sistema radiofonico si è ristrutturato in tre comparti: le radio di servizio pubblico ex monopoliste, le radio commerciali finanziate dalla pubblicità e le radio comunitarie, non commerciali, in prevalenza di carattere locale.
Ma, nello specifico, in cosa si differenziano queste tre tipologie di radio? Quali sono le caratteristiche giuridiche, tecnologiche e di programmazione che le contraddistinguono?
I caratteri che definiscono la radio pubblica sono riassumibili in quattro punti fondamentali: universalità del servizio, obiettivi non lega¬ti al profitto economico, riferimento agli interessi e ai valori della comunità nazionale, meccanismi di gestione e controllo affidati a organismi pubblici.
La radio commerciale, invece, si finanzia attraverso la vendita dei propri spazi pubblicitari agli inserzionisti. Fissando un target di pubblico, l’editore si propone di ottenere il più ampio ascolto possibile, in modo da conseguire il massimo profitto dalla commercializzazione del palinsesto.
Un modello di radio che si distingue per funzioni e programmazione sia dalla radio commerciale privata che da quella pubblica è quello della radio comunitaria, categoria nella quale rientra, seppur con delle sostanziali differenze, Radio Vaticana.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Orfei |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e gestione delle imprese di servizi |
Relatore: | Renato Mele |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 152 |
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