La prassi parlamentare
Abbiamo già parlato del diritto parlamentare come una sorta di “diritto mobile”, cioè in grado di piegarsi secondo la necessità dell’Assemblea, occorre comunque partire dai regolamenti parlamentari nel nostro studio, perché costituiscono una fonte tipica del diritto Parlamentare.
Inoltre, i regolamenti parlamentari non né costituiscono l’unica fonte, è importante sottolineare che questi regolamenti contengono norme autonome, e non eteronome: tali norme non sono imposte da un’autorità esterna, ma sono prodotte degli stessi soggetti che costituiscono i più immediati e diretti, se non unici destinatari delle norme stesse.
Quindi in giurista non deve limitarsi all’esegesi dei testi normativi, ma deve estendere lo studio all’applicazione concreta che le norme ricevono, (o non ricevono) nella realtà effettuale. Questo concetto porta a sottolineare l’importanza che nel diritto pubblico, e soprattutto nel diritto parlamentare, riveste la prassi.
La maggior parte degli autori italiani ritiene che per studiare gli istituti giuridici sia necessario rifarsi alle fonti normative, alla dottrina e la giurisprudenza (intesa come complesso delle decisioni emanate dagli organi giurisdizionali); generalmente trascurato, o misconosciuto, è invece il ruolo della prassi, la quale si rivela per contro uno strumento assai utile, per non dire indispensabile, per qualsiasi indagine di diritto pubblico.
L’esame della prassi, infatti, non serve soltanto a dare un contenuto storicamente determinato ai testi normativi, ma permette anche di scoprire quali questioni, un tempo assai dibattute, abbiano perduto attualità, se problemi vecchi si presentino sotto nuove forme, e se nuovi problemi siano offerti all’elaborazione della dottrina.
Né si potrebbe fondatamente sostenere che l’esame della prassi sia di scarsa utilità nello studio degli ordinamenti a costituzione rigida, anche negli ordinamenti contemporanei, nei quali la dominante tendenza alla razionalizzazione del potere ha molto esteso, rispetto al passato, la disciplina rigida e minuziosa della norma scritta, i rapporti fra i supremi organi dello Stato rimangono, almeno in parte affidati alle norme di correttezza, alla prassi e alle intese più o meno tacite fra gli organi stessi (convenzioni), le quali, nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento, consentono ai titolari degli organi costituzionali di dare ai precetti normativi elastici quel contenuto che appaia più di volta in volta più corrispondente alle mutevoli esigenze della realtà. Pertanto, il giurista che si limitasse a studiare i testi normativi ignorando la prassi , le convenzioni e le consuetudini eventualmente formatesi, avrebbe una visione astratta e parziale, per non dire inesatta e forviante, del diritto vivente in un data paese .
Un ulteriore punto su cui ci dovremmo soffermare nel nostro studio è rappresentato: dalla coercibilità giuridica delle norme relative all’organizzazione ed al funzionamento delle camere, infatti, essa non può assumere le stesse forme e la stessa automaticità che caratterizzano ad esempio il diritto penale, molto spesso, si apre la strada alla soluzione politica o concordataria dei membri stessi, in base al principio del “nemine contraddicente” gia visto.
Le prassi saranno esaminate, secondo lo scopo dell’Organo Assembleare:
1. D’organizzazione dell’aula;
2. Nella funzione legislativa;
E a secondo dei soggetti necessari per il loro realizzo;
3.Le cosiddette prassi di cooperazione che divideremmo con quelle che sono in grado di:
a) Influire direttamente sul Parlamento;
b) Non influire sul Parlamento, pur essendo provocate con la sua partecipazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppe Zara |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Enzo Colarullo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 97 |
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