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Lingue dei segni e sordità: gli effetti della plasticità cerebrale nei sordi e negli udenti segnanti.

L'obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare, da un punto di vista psicolinguistico, gli effetti che la sordità e la lingua dei segni hanno sulla riorganizzazione cerebrale. Attraverso l'analisi degli studi presenti in letteratura, cercheremo di dare una prospettiva unitaria di quella che sono la plasticità cerebrale e la riorganizzazione cross-modale nei sordi congeniti. Vedremo inoltre quali cambiamenti produce l'utilizzo della lingua dei segni, sia nei soggetti sordi che nei soggetti udenti.
Il lavoro parte con una breve introduzione storica in cui si prendono in rassegna i vari modelli neurologici del linguaggio proposti dall'antichità ad oggi, in modo da comprendere l'evoluzione delle teorie sul linguaggio che costituiscono la base di questo lavoro. I capitoli centrali sono poi dedicati all'approfondimento del linguaggio in prospettiva neurolinguistica. Il primo capitolo è dedicato all'analisi del linguaggio ed alla descrizione del suo funzionamento a livello cerebrale. Successivamente, viene dedicato un ampio spazio alla descrizione fonologica e morfosintattica della Lingua dei segni italiana (LIS), in cui verrano illustrate le caratteristiche principali del funzionamento della lingua dei segni a noi più vicina, in modo da fornire anche una piccola base grammaticale per la comprensione del lavoro seguente. Successivamente, infatti, ci dedicheremo in modo specifico alla descrizione delle lingue dei segni ed alla loro rappresentazione cerebrale, analizzando anche i cambiamenti che il loro utilizzo provoca a livello cerebrale. Vedremo inoltre in che modo gli studi sulle lingue dei segni possono aiutarci a capire di più sul funzionamento del linguaggio umano.
Nel terzo capitolo viene introdotta la nozione di plasticità cerebrale, descrivendone cause e tipologie. Infine, il quarto ed ultimo capitolo si concentra sulla riorganizzazione cross-modale. Analizzeremo diversi tipi di test volti a capire quali sono le conseguenze che la sordità e l'utilizzo della lingua dei segni hanno sull'elaborazione visiva.

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Capitolo Terzo 3. La plasticità cerebrale “Brain plasticity is a concept that is at once very simple and extraordinarily complex. That the brain is not static; that it responds to circumstances, to new learning, is fairly easy to grasp. How and why it does so is quite a bit more complicated, and one that scientists are digging into” 32 
 (M.Merzenich) La plasticità cerebrale è una proprietà intrinseca del cervello (umano e animale) e rappresenta la capacità dei circuiti nervosi di variare la loro struttura e funzione in risposta agli stimoli sensoriali. È particolarmente attiva durante i primi stadi dello sviluppo del cervello nonostante alcune zone cerebrali rimangano dinamiche anche con il passare del tempo, per rispondere alle diverse esigenze cognitive, sensoriali e motorie (Bizzi, 2005). Come abbiamo visto in precedenza, uno dei concetti sviluppatisi grazie alla neurobiologia moderna e ai nuovi metodi di indagine è proprio l'assunto che il cervello non sia un organo statico bensì in contino cambiamento. Il cervello quindi è plastico perché può riorganizzarsi. Diversi sono gli studi che dimostrano la plasticità cerebrale, sia nel cervello animale che in quello umano. Tra i primi studi condotti sugli animali dobbiamo ricordare il fondamentale esperimento di Merzenich e colleghi (1984) condotto sulle scimmie. Merzenich e il suo team amputarono chirurgicamente un dito di una scimmia adulta e trovarono come conseguenza un cambiamento nella mappa somatosensoriale. La rappresentazione corticale delle dita rimaste si era allargata nella zona del dito amputato. Grazie a questo esperimento si è potuto dimostrare come le rappresentazioni corticali siano modificabili dagli input (anche in età adulta) Di 32 Merzenich, 1984. 55

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Parole chiave

psicolinguistica
sordità
lis
lingua dei segni
plasticità cerebrale

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