I principi contabili internazionali nell'attuale crisi finanziaria e reale
Il processo di armonizzazione contabile, iniziato in Europa nel corso degli anni Settanta attraverso lo strumento delle direttive e poi più recentemente mediante regolamenti comunitari, ha sensibilmente rinnovato la disciplina di bilancio. In particolare, l’introduzione dei principi contabili IAS/IFRS ha comportato, per le imprese quotate e quelle finanziarie, il parziale accantonamento di tradizioni contabili basate sulla preminenza del principio della prudenza e sul criterio del costo storico a favore di tecniche contabili ancorate al principio della competenza e al criterio del fair value. Con l’arrivo della crisi economico-finanziaria, il fair value, sebbene elevato a principio garante della qualità dell’informativa di bilancio da parte dello IASB, ha manifestato i primi segnali di debolezza.
Con l’applicazione di tale criterio il reddito non è più solo l’espressione del risultato economico della gestione, ma è anche il risultato economico dell’andamento del mercato. Mercato che dopo essere stato segnato da decenni di crescita dei prezzi, soprattutto in ambito finanziario, ha subìto una brusca frenata con lo scoppio della bolla immobiliare statunitense, con la collegata crisi del meccanismo dei prestiti subprime, con il propagarsi del rischio sistemico causato dai crediti cartolarizzati e da altri titoli derivati tossici, a cui è conseguita una situazione di illiquidità globale e una crisi di fiducia tra gli operatori di mercato. Tutte queste relazioni causa-effetto hanno avuto un ultimo temuto risultato: la crisi dell’economia reale.
La crisi finanziaria e reale ha prodotto degli effetti devastanti nei valori delle attività finanziarie a causa della volatilità artificiale dei prezzi di mercato espressi dai listini dei mercati finanziari e borsistici che, in circostanze di illiquidità globale e di esiguità delle transazioni, non esprimono più segnali congrui e ragionevoli collegati ai valori intrinseci espressi dall’economicità dei business sottostanti. Il fatto che i prezzi di mercato sono il riferimento principale delle valutazioni a fair value comporta che la volatilità artificiale dei titoli finanziari va a scontrarsi con i valori fondamentali espressi dai bilanci societari, che a loro volta saranno la base di valutazione per gli analisti finanziari, con il rischio di creare una sorta di circolo vizioso.
Tale rischio ha indotto lo IASB a rivedere, in merito agli strumenti finanziari, lo IAS 39 e l’IFRS 7 permettendo la riclassificazione di attività valutate al fair value con impatto sul conto economico, in quanto detenute per la negoziazione, in altre categorie che prevedono il costo ammortizzato come criterio per la valutazione successiva all’iscrizione in bilancio. Lo scopo di tale disposizione è stato quello di sterilizzare le svalutazioni inerenti il portafoglio titoli delle imprese, soprattutto quelle finanziarie.
L’eventuale scelta di riclassificare un’attività all’interno di una categoria che preveda la valutazione successiva al costo ammortizzato permetterebbe solo momentaneamente di evitare l’inserimento nel conto economico delle perdite legate alla crisi finanziaria. Difatti, in conseguenza di tale passaggio, la possibilità di fissare come costo storico un fair value misurato precedentemente al collasso finanziario, con l’effetto di non imputare le potenziali perdite al conto economico, renderebbe poi necessario effettuare l’impairment test. Pertanto, ciò che non viene immediatamente evidenziato come perdita, dovrà esser successivamente rilevato come svalutazione a conto economico, a meno che ovviamente le condizioni non muteranno.
Si deve rilevare che fino a quando il mercato non mostra segni di crisi, il fair value costituisce un criterio di valutazione largamente accettato e auspicato. Nel momento in cui, invece, le condizioni di mercato peggiorano, esso mostra tutta la sua inadeguatezza, obbligando gli organismi contabili ad intervenire con urgenza per ripristinare il costo storico. Questo, ovviamente, dovrebbe far meditare.
In realtà il problema nasce dal fatto che spesso i redattori di bilancio sono indotti da comportamenti inopportuni, orientati alla creazione fittizia del valore nel breve periodo, a vantaggio del capitale di comando e degli stessi manager e a scapito degli altri stakeholders. Si ritiene che i principi contabili, IAS/IFRS compresi, siano misuratori di effetti e non produttori di effetti, ma al fine dello svolgimento di tale ruolo, risulta necessario che la loro applicazione avvenga in modo disciplinato e più trasparente possibile. L’obiettivo che mette d’accordo tutti gli stakeholders è sempre lo stesso: la rappresentazione affidabile, veritiera e corretta delle performance aziendali.
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Informazioni tesi
Autore: | Alberto Lelli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze economico-aziendali |
Relatore: | Giovanni Melis |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 141 |
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