Le strategie di internazionalizzazione in America Latina. Il caso Repubblica Dominicana
Nel corso degli ultimi anni le economie mondiali sono state interessate da eventi e da cambiamenti che hanno portato alla creazione di nuovi equilibri mondiali. Attualmente le economie delle nazioni coinvolte possono essere suddivise in due macrogruppi. Da una parte troviamo i paesi che a partire dalla Seconda Guerra Mondiale hanno potenziato le loro risorse interne fino ad arrivare a gestire le più importanti relazioni internazionali di ordine economico e finanziario. L’altra parte è invece costituita da una serie di paesi che ancora oggi fanno molta fatica a collocarsi e a competere con successo sui mercati internazionali. La loro situazione politica, economica e sociale presenta ancora un elevato rischio, oltre a condizioni di sottosviluppo che richiedono costantemente e con urgenza aiuti umanitari. Questi popoli spesso non sono riusciti a imitare le performance di crescita dei paesi emergenti, per ragioni legate principalmente all’aspetto “fisico” (ad esempio la dimensione e la posizione geografica o la disponibilità di risorse naturali, anche se non mancano altri fattori come l’instabilità politica, alcuni eventi storici particolari o addirittura la presenza di episodi razziali). Al giorno d’oggi le grandi potenze mondiali o le imprese transnazionali dotate di ingenti capitali da investire sono scarsamente interessate a interagire a livello economico con questi soggetti, perché presumono che non ci siano i requisiti sufficienti per ottenere dei risultati positivi. Oltre agli equilibri e ai principali rapporti che reggono l’economia mondiale, perfino i concetti che cercavano di dare una spiegazione a questi fenomeni stanno subendo degli intensi mutamenti. All’inizio si parlava della globalizzazione, intesa come un processo integrativo delle singole economie nazionali in un unico sistema economico mondiale e interdipendente. Con la globalizzazione si prevedeva un futuro migliore per tutti, ma la realtà ha dimostrato degli esiti differenti. I paesi allora più potenti e dotati di maggiori capitali hanno sfruttato fino allo stremo le risorse che i luoghi più poveri e deboli della terra offrivano. Il loro unico scopo era quello di ottenere dei vantaggi sempre più numerosi e competitivi, necessari a garantirli il dominio sui mercati mondiali. La cooperazione, all’inizio uno fra gli obiettivi principali che il fenomeno globale si prefiggeva, non esercitava più nessuna influenza. La situazione che si è venuta a creare ha evidenziato disparità ancora maggiori tra i paesi industrializzati e quelli alle prime fasi di sviluppo. Il gap determinato ha fondato le sue radici nel disinteresse a trasmettere il proprio sapere, le proprie abilità e le proprie innovazioni a quei popoli che non erano capaci di crescere autonomamente a causa della mancanza di strutture adeguate o di capitali sufficienti. Fortunatamente con la globalizzazione si sono creati col tempo nuovi e più efficienti sistemi di comunicazione e di trasmissione delle informazioni. Questi progressi hanno permesso ad alcuni paesi di attingere a delle nozioni fondamentali per incrementare lo sviluppo economico. L’avvento della comunicazione a livello globale, stimolato dalle nuove tecnologie, ha avuto delle ripercussioni anche sulle decisioni strategiche internazionali dei paesi più ricchi. Ecco quindi ripristinare i primi presupposti su cui si fondavano i processi di internazionalizzazione: rapporti equi e solidali, economie fondate sulla conoscenza e sull’apprendimento reciproco, la collaborazione e la cooperazione per il conseguimento di obiettivi comuni. In quest’ottica assume sempre più importanza il ruolo dell’individuo, che grazie alle sue caratteristiche personali, ai rapporti stabiliti con altri soggetti all’interno di un determinato gruppo e al patrimonio intellettuale e psicologico che possiede, rappresenta un valore aggiunto per qualsiasi attività economica. La conoscenza da parte dell’impresa estera dei valori e degli elementi fondamentali che hanno consentito la nascita di una precisa comunità costituisce un vantaggio competitivo a livello internazionale. Si può quindi desumere che oggigiorno il sistema economico mondiale è retto non più dalle decisioni di pochi singoli stati, ma dalla valorizzazione dell’individuo come soggetto appartenente a una comunità globale. La mia domanda sorge dunque spontanea: in questa situazione attuale, può un paese ancora considerato come sottosviluppato fuoriuscire da una condizione di emarginazione e operare sui mercati internazionali al pari di altre nazioni?
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Informazioni tesi
Autore: | Barbara Badini |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Lingue straniere per la comunicazione internazionale |
Corso: | Management Internazionale |
Relatore: | Elena Cedrola |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 282 |
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FAQ
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