Il museo postmoderno tra filosofia e pratica culturale
Il “museo postmoderno”, come applicazione di istanze teoriche a una realtà multiforme si è rivelata in tutta la sua complessità. Il lavoro di tesi ha inteso essere una rassegna delle posizioni più rappresentative emerse nel dibattito interno ai cultural studies e alla critica dell’arte, nell’estetica e nell’architettura museale.
Già in Poesia e ontologia (1967) Vattimo indicava nell’arte il luogo dell’accadere della verità perché il soggetto è, in essa, sottoposto a un appello espropriante, costretto ad un’analisi non guidata da alcun modello di ricomposizione. Secondo il filosofo si tratta di una conclusione che vale anche per l’arte intesa “nel suo senso istituzionale più compromesso: museo, galleria, sala da concerto, teatro, ovviamente accanto alle istituzioni più recenti, come il cinema e la discoteca. La morte dell’arte che molti vedono come esito necessario, è teorizzata solo sempre da un punto di vista di un ideale della continuità e dell’identità” .
La continuità della storia del capitale costituisce la premessa per la teoria di Rosalind Krauss, la quale ha sostenuto una morte dell’arte per l’imporsi della logica della merce, la logica della frammentazione dell’identità. Si tratta di un punto di vista diametralmente opposto rispetto a quello di Vattimo; tra i due autori si possono idealmente collocare posizioni intermedie. Krauss e Vattimo, per la loro concezione della storia e per il modo di intendere il museo postmoderno, costituiscono due punti di vista opposti, a cui si possono associare due architetture museali divergenti: la Staatsgalerie a Stoccarda e il museo di Castelvecchio a Verona. Il museo di Stirling teorizza una morte dell’arte; Scarpa, invece, il suo tramonto. Libero dalla logica della continuità e dell’identità, il linguaggio architettonico dell’architetto veneziano si è aperto al confronto col diverso e al riconoscimento della fecondità della pluralità. La Staatsgalerie propone l’esperienza delle “rovine” dello spazio e dell’ordine del discorso museale moderno, dichiara la decostruzione dell’ideale dell’identità e, tuttavia, espone le opere in una enfilade di sale tutte uguali. Scarpa, al contrario, nel restauro e nel riallestimento del museo di Castelvecchio, ha abbandonato i principi dell’autenticità e dell’originalità, esponendo le stratificazioni che, in modo discontinuo, si sono sedimentate su di esso e sulle opere che accoglie, “distorcendo” e “prendendosi cura” dello spazio.
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Informazioni tesi
Autore: | Elisa Pasini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2002-03 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Roberto Salizzoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 192 |
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