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Tra editoria e cinema il caso La solitudine dei numeri primi

Questa tesi si impegna ad analizzare lo stretto rapporto tra editoria e cinema attraverso l'esempio di uno dei più grandi successi letterari italiani degli ultimi dieci anni: La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Dopo una sezione dedicata alla storia editoriale del romanzo, la tesi si concentra sul lavoro di trasposizione che porterà, a due anni dalla pubblicazione del libro, all'uscita del film omonimo, diretto dal regista e sceneggiatore Saverio Costanzo.

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1. PRESENTAZIONE «Se è impossibile esprimere un romanzo con parole diverse da quelle con cui è stato scritto, se non si possono modificare i suoni di una poesia senza modificarne l’essenza, ancora meno si può sostituire una parola con un’ombra grigionera balenante sullo schermo», così, negli 1 anni venti, il formalista russo Victor Šklovskij si esprime riguardo agli adattamenti cinematografici, giudicandoli inadeguati e fallimentari nel tradurre fedelmente su pellicola un’opera letteraria. Ma non sempre fedelmente significa riproporre una storia in modo perfettamente identico; secondo il teorico francese Jean Mitry, attivo agli inizi della seconda metà del Novecento: «[…] trasporre i modi d’espressione letterari in modi d’espressione cinematografica è un non-senso». Cinema e letteratura possiedono un sistema di segni 2 diverso e alcuni cambiamenti e differenze sono inevitabili. Ciò che, secondo Mitry, è importante, è la volontà di rimanere fedeli allo spirito dell’opera cui un film s’ispira, non proporne una mera illustrazione, ma donare a essa un nuovo sviluppo. Affini a quelle di Mitry sono le idee di un altro teorico cinematografico francese, André Bazin, il quale afferma che: «le traduzioni fedeli non sono quelle letterali»; il film, rispetto al 3 romanzo, è un nuovo essere estetico e la stessa parola trasposizione contiene in sé l’idea di andare oltre, al di là del testo di partenza, proponendone una versione fedele ma che, allo stesso tempo, presenta delle differenze, prima fra tutte il veicolo attraverso cui è fruita. Nei suoi studi Bazin propone come paradigma della trasposizione cinematografica il film di Robert Bresson, Le Journal d’un curé de campagne (1950), ispirato all’omonimo romanzo 4 di Georges Bernanos del 1936: «La fedeltà di Bresson al suo modello non è […] che l’alibi NICOLA DUSI, Il cinema come traduzione, Utet, Torino 2003, p. 13. 1 Ibi, p. 14. 2 Ibi, p. 15. 3 Con una produzione costituita, per più di metà, da adattamenti di testi letterari, Bresson in questo caso 4 conduce un lavoro di confronto con l’opera di Bernanos, analizza la sua complicata struttura a diario e la ricchezza di monologhi interiori che scandiscono la vita del giovane prete protagonista. Essendo poco ricco di fatti narrati e prevalendo un punto di vista prettamente introspettivo, il libro non si presta particolarmente a una trasposizione cinematografica; Bresson partendo dalle parole dello scrittore, riesce a sviluppare nuove immagini e suoni, rendendo la storia più adatta per essere proiettata al cinema, pur mantenendo intatti le atmosfere e i contenuti del testo di partenza. 3

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Tamburelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere moderne con indirizzo critico-editoriale
  Relatore: Roberto Cicala
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 43

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Parole chiave

cinema
film
editoria
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trasposizioni
numeri primi
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